Un quotidiano svizzero di alto standing, tempo fa ha scritto un pezzo stigmatizzando il fatto che il prezzo di un farmaco antivirale Pfizer (Paxlovid, prescritto a pazienti di Covid-19 che sono a rischio elevato di decorso grave) dal 1 dicembre 2023 fosse silenziosamente passato da 150 a 1.100 franchi a confezione, entrando nel canale di distribuzione normale. Infatti, fino al 30 novembre 2023 l’acquisto era fatto direttamente dalle Agenzie della Confederazione, e il prezzo finale era fissato dalla stessa, che lo distribuiva. Non sarebbe quindi corretto dire che il prezzo sia decuplicato, perché non è noto il prezzo di carico che l’Agenzia confederale pagava a Pfizer.
Curioso che l’impeccabile e trasparente Confederazione si comporti come la losca Bruxelles e tenga segreto ai cittadini-contribuenti il prezzo di un farmaco che ha un notevole impatto sui conti della loro Cassa Malati. Oneri che, come noto, vengono poi riversati sulla collettività attraverso i premi. È evidente che dal momento che Paxlovid entra nel circuito distributivo normale perde il contributo statale, e costerà alla Cassa Malati elvetica, non più 150 ma 1.100 franchi, scassando tutti i budget per quel segmento farmacologico.
A questo punto, viene a supporto dell’informazione un personaggio tipicamente svizzero, molto amato dai cittadini che lo vedono come garante della loro salute, forse meno dalle aziende, il “Farmacista Cantonale” (c’è pure il suo pendant, il “Medico Cantonale”, i cui suggerimenti “onesti” durante il Covid-19 ho apprezzato).
Giovanni Maria Zanini è l’attuale Farmacista del Canton Ticino, il quale spiega tranquillamente l’arcano: “Da alcuni anni, le aziende farmaceutiche non fissano più il prezzo in funzione “dei costi di produzione e del guadagno equo”, come era sempre avvenuto, ma lo fanno autonomamente, in base a quello che ritengono il “beneficio individuale o collettivo che secondo loro il farmaco permette di ottenere”. Incredibile, ma questa è la logica markettara delle aziende del lusso, non del servizio pubblico, come dovrebbe essere per i farmaci salvavita!
Ovvio che essendo aziende private debba loro essere riconosciuto un utile che tenga conto anche degli alti rischi corsi dagli azionisti negli investimenti in ricerca, ma per gli svizzeri questo non è problema: hanno una competenza di analisi contabile antica, avendo due delle più potenti multinazionali farmaceutiche al mondo.
Dice Zanini (si capisce che è un funzionario perbene che conosce la differenza di un farmaco salvavita dall’iconica borsetta Dionysus di Gucci): “Questo meccanismo di fissazione del prezzo è vergognoso e va denunciato! Non possiamo più moralmente accettarlo!” E racconta il caso di un farmaco per la cura dell’ulcera allo stomaco che anni fa era prezzato 700 franchi a confezione e che ora viene venduto, con profitto, al prezzo di un pacchetto di caramelle.
Si capisce così perché l’industria farmaceutica, e la sua corte dei miracoli di primari, professori e pseudo scienziati embedded, e pure dei media a loro volta embedded, ove gli scoop di matrice farmaceutica non sono di casa, goda di così poca considerazione nell’opinione pubblica. Ormai anche nella medicale Svizzera. Prosit!