IL Cameo


Come un vecchio riposiziona la sua vita al tempo della guerra

Da tre lustri mi sono ritirato nei miei amati “interstizi”, cercando di ritagliarmi un mondo, privato e indipendente, che avrebbe dovuto portarmi a chiudere in bellezza, riflettendo e scrivendo. Volevo vivere fino in fondo il privilegio dell’essere vecchio.

Confesso che mi attendevo di morire prima, per cui in questi ultimi anni sono vissuto “sospeso”, senza programmare nulla, convinto, stante anche il carcinoma, che ci avrebbe pensato il Fato.

Ultimamente, dopo un’analisi-dibattito con i miei amici medici mi sono detto: perché gettare la spugna proprio ora che il pettine è arrivato ai nodi che ho sempre studiato e criticato? E poi, è bello osservare questa imbarazzante classe dominante, ancora così confusa dopo trent’anni di dominio assoluto. Curioso il caso di Angela Merkel, esaltata e iconizzata fin che era al potere, trattata da appestata il giorno dopo che ha lasciato la Cancelleria.

Quindi, perché non assistere dal mio terrazzo come va a finire questo scontro fra pesi massimi del nulla?

Il mix dei nodi (pandemia, disastro climatico, inflazione, de-globalizzazione, guerra ucraina, crisi strategica delle commodities, uscita dal tallone di un dollaro obeso e stracco, etc. etc.) ha aumentato in modo esponenziale la confusione di quel mondo. Che fare?

Concentrarsi su due priorità: de-globalizzazione e guerra ucraina?

Mi attengo all’analisi del principe degli economisti liberali, il Nobel Paul Krugman che afferma come questa del 2022 sia una replica del 1914, l’anno che pose fine al tentativo di globalizzazione di allora, convenendo che ogni tentativo di globalizzazione avvenuto nei secoli passati ha sempre dato origine a una successiva guerra, con vincitori (pochi) e sconfitti (tanti). Krugman è categorico: “Stiamo assistendo a una seconda de-globalizzazione i cui effetti saranno certamente peggiori dei pure importanti aspetti negativi della globalizzazione attuale”.

Quindi, per essere à la page, mi devo “de-globalizzare”. Lo faccio volentieri, credo che il capitalismo liberale, il mondo elitario in cui sono vissuto per la metà della mia vita, abbia bisogno di una bella potatura, se vuole rifiorire. Come ex esperto di multinazionali in crisi credo di sapere come farlo: tagliare i costi e licenziare (in questo caso non le persone ma i bisogni), partendo dall’alto della struttura. Ristrutturare partendo dall’alto è la modalità che ho sempre seguito, perché il marciume, oltre ai suoi folli costi fissi, è spesso nella testa dei vertici.

Così, mi allineo al dilemma di Mario Draghi: “Pace o Gas.” Sottoscrivo subito: sono nato e vissuto fino a quarant’anni nel razionamento, prima della guerra poi della povertà, ora tornerò a ridurre al minimo il mio consumo personale di energia elettrica e di gas. Come?

Eliminando i miei consumi energivori: aerei, treni, navi, auto, hotel, ristoranti (webinar basta e avanza). Poi chiuderò il condizionatore, i termosifoni, i boiler. Metto in cucina, come mi era già capitato dal 1934 al 1956, un putagè a legna (ci cucino il cibo, ho l’acqua calda per lavarmi nella tinozza, e mi riscaldo) e nel salone piazzo una grande stufa a legna, proprio dove ora c’è una scultura di Giuliano Vangi (sciò, sciò, in cantina!). E’ curioso, preserviamo dalla guerra l’arte, ma non le persone.

Così sull’alimentazione. Sappia Presidente, che sarò durissimo, più della tessera annonaria che presto lei dovrà consegnarci. Ho deciso: tutti i prodotti della mia tavola non devono viaggiare più di 30 km (Sciò, sciò a camion, camionisti, logistica amazonizzata). Ciò significa niente carne (arriva dal Piemonte), solo pesci (azzurri) che l’amico pescatore mi porta a casa (a piedi). Soltanto verdure e frutta della contadina. Per condire, solo il “mio” olio taggiasco (ne produco-consumo 25 litri all’anno). Poi, acqua del sindaco e il Pigato Rucantu di Bordighera. E se dovesse mancare il pane e la pasta, perché quel criminale di Vladimir Putin ci fa pure la contro sanzione sul grano, ci sono gli gnocchi fatti con le patate di montagna di Castelvittorio.

Comunque, io sono ottimista, convinto che, specie noi italiani della maggioranza silenziosa, e i nostri vicini latini, ce la faremo, non ci lasceremo trascinare dalle élite colto-salottiere nella terza guerra mondiale, perché abbiamo contro intuizioni che gli anglosassoni, e quelli che vivono nel Nord buio e freddo, non parliamo dei loschi russi, non hanno. Prosit!

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro