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Il caso Erdogan-Curdi-Europa visto dalla Svizzera

Il caso Erdogan-Curdi-Europa visto dalla Svizzera

Per quel che vale (nulla) la mia posizione sulla vicenda Erdogan-Curdi-Europa l’ho esplicitata (gli abbonati a Zafferano la trovano nel Supplemento). Questo è un breve riassunto-sintesi sul come alcuni giornali e amici svizzeri, di tendenze liberali, l’hanno chiosata.

Tutti considerano la Turchia alla stregua della Cina, dell’Iran, dell’Arabia Saudita, del Qatar: Stati canaglia con pochi o nulli diritti per i sudditi, e quando esistono, in forme elementari, spesso sono calpestati. Una sola differenza, significativa: in Turchia si vota, Recep Erdogan è stato eletto e rieletto (al municipio di Istanbul invece è stato sconfitto, ha brigato per rifarle, è stato di nuovo sconfitto). Negli altri casi al vertice c’è una Guida Suprema, un Re, un Emiro, un Satrapo nazicomunista: tutti si sono auto nominati Sovrani, assoluti e perenni. Questi, nell’esercizio del loro potere, fanno ogni giorno atti ignobili ma noi occidentali li accettiamo, voltandoci dall’altra parte, in nome del business. Esattamente come fa l’Europa di Aquisgrana con Erdogan: libertà di insulti sui giornali ma contratti miliardari con il Satrapo: a) per bloccare i rifugiati nei suoi lager; b) vendergli le armi; c) non espellerlo dalla Nato (anzi, alcuni lo vorrebbero addirittura nell’UE).

Durante la partita Francia Turchia la sceneggiata, ormai codificata in tutti gli stadi dopo un goal, ha avuto una variante: il saluto militare di Calhanoglu e compagni. Tutto l’Occidente ha reagito con sdegno, chiedendo a Uefa sanzioni pesantissime. Un piccolo passo indietro. Tutti i giochi moderni, compreso il calcio (quello fiorentino era altro) sono nati in Inghilterra: se sei ricco e potente, hai le Colonie che ti permettono di vivere senza lavorare, hai molto tempo libero, il sesso e i giochi sono idonei per fartelo passare piacevolmente. Il calcio, come tutti i giochi di squadra, non solo è basato sul concetto liberale di meritocrazia (giocano i più bravi) ma è anche “nazionalista”, per sua intrinseca natura (i più colti aggiungono pure xenofobo e autoritario: pensiamo all’arbitro pre Var). Nello stesso giorno Pep Guardiola e la squadra del Barcellona ne hanno dato dimostrazione, mettendo per scritto, con parole durissime, il loro “saluto militare” contro la Spagna madrilista. I catalani hanno ricordato la vicenda del loro eroe nazionale, Lluis Companys, fuggito in Francia e riconsegnato dai tedeschi del Reich al fascista Francisco Franco che lo fece fucilare. Non hanno perdonato la Spagna, non possono farlo, pena la perdita della loro identità.

Le conclusioni di questo mio riassunto le ha scritte Marcello Pellizzari sull’impeccabile Corriere del Ticino “Giusto sdegnarsi al saluto militare ma prima di chiedere a Uefa sanzioni per i calciatori sarebbe bene indagare sui legami fra il Governo europeo del calcio, i Governi delle democrazie occidentali e la Turchia di Erdogan. Troverebbero un cortocircuito generato da sponsorizzazioni monstre, spesso tramite la compagnia aerea di bandiera, politiche migratorie e grandi manifestazioni sportive. Alla fine viene fuori che i primi a infischiarsene dei diritti umani siamo proprio noi. E che Erdogan è solo l’ennesimo dittatore a cui vendere, fra le altre cose, le partite di pallone”. Altro non sono che la versione civile delle armi da guerra.

Questo modello europeo è marketing in purezza, non ha un’anima, non ha un retroterra culturale, non ha dignità, ci ha fatto diventare, in un quarto di secolo, un gigantesco discount che vende e compra, con totale frenesia, ogni tipo di oggetto-servizio. Ormai, qualsiasi nostro atto deve essere letto secondo il protocollo base del Ceo capitalism: follow the money e scopriremo le losche logiche che lo guidano. Che tristezza.

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