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Il fattore umano

Una delle vicende più curiose della storia è sempre il caso, che spesso agisce nel e con il fattore umano. Chi ha avuto a che fare davvero con vicende che hanno poi avuto riflessi pubblici e sono state discusse da tante persone sa bene che, contrariamente a ogni teoria complottista, il singolo essere umano, nel bene e nel male, può cambiare la storia, anche se spesso ciò accade per una combinazione di elementi imprevedibili anche da chi ne è il protagonista.

Così, nel caso della guerra in Ucraina, la persona di Putin, i suoi cambiamenti, la sua paura del covid, le scelte del cerchio sempre più stretto di persone di cui si circonda hanno probabilmente giocato un grande ruolo, anche se non abbiamo prove. Abbiamo invece evidenze clamorose di quanto successo dall’altra parte con Zelensky. Ebreo ucraino di lingua russa, il presidente ha un passato di attore e produttore televisivo. Accreditato poco o niente dalla stampa mondiale, che l’ha bollato per mesi come “comico”, dipingendolo come persona di basso profilo politico, Zelensky ha oggettivamente cambiato il corso della storia. Il suo rifiuto di fuggire con l’aiuto americano, disprezzato pure con ironia (“non mi serve un passaggio, ho bisogno di munizioni”), la sua conduzione attiva della resistenza – segnata anche dal cambio del vestito con la tuta mimetica – e il suo costante tenere informati tutti via twitter della debolezza dei premier NATO (“li ho sentiti tutti e ventisette e nessuno è riuscito a dirmi una parola definitiva”) e poi delle telefonate e delle promesse di ciascuno (“ho sentito Draghi e mi ha detto che l’Italia appoggerà la sanzione dello SWIFT”, “ho sentito il premier del Belgio e ha detto che mandano 400 fucili”, ecc.) hanno creato un immaginario collettivo che ha reso moralmente inaccettabile il non prendere parte attiva alla battaglia di un popolo ingiustamente invaso e minacciato. Così inaccettabile che la Germania ha cambiato una politica antibellica di decenni e l’Europa per la prima volta ha mandato aiuti militari.

Se gli ucraini non avessero resistito nei primi giorni di avanzata russa e se il presidente fosse fuggito, molto probabilmente la reazione occidentale sarebbe stata ben più blanda e il calcolo di Putin sarebbe riuscito perfettamente.

Adesso le menti complottiste immagineranno che dietro Zelensky si siano mosse chissà quali forze e quali piani mondiali, che saranno sempre confermati da fallacie ad ignorantiam (“visto che non sappiamo le cose, sicuramente c’è dietro X e Y”). Ma chi ha esperienza di vicende che diventano storiche sa bene che a volte gli uomini singoli cambiano la storia, spesso nonostante loro stessi. Il grande Duca di Wellington commentava così la sua storica vittoria a Waterloo, che aveva distrutto definitivamente un altro conquistatore di dubbio diritto: “Non potevo che vincerla io quella battaglia. Ma io l’ho vinta per caso”.


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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro