Pensieri e pensatori in libertà


Memorial e il dramma della verità storica

Il 28 dicembre 2021 la Corte Suprema della Federazione Russa ha decretato la chiusura di Memorial Internazionale recependo le tesi del pubblico ministero che, tra le altre cose, accusava la fondazione, nata dal dissidente premio Nobel Andrej Sacharov nel 1989, di aver “interpretato scorrettamente la storia sovietica e creato ‘una falsa immagine dell’URSS raffigurandola come Stato terrorista’ e ‘aver criticato gli organi di potere’”.

Memorial aveva come fine quello di preservare la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e, in anni più recenti, si è adoperata anche per far conoscere le violazioni dei diritti civili e politici nella Russia contemporanea. Come metodo, si era riproposta di non far differenze ideologiche tra le vittime: la vittima di una violenza di sistema è tale a prescindere dalle sue convinzioni o appartenenze. In Italia, non a caso, la Fondazione Memorial aveva lavorato con il Centro Studi Grossman, nato a Torino e hub mondiale degli studi sullo scrittore russo che aveva speso l’ultima parte della sua vita a raffigurare la lotta tra le singole persone e la macchina dello Stato totalitario. Alla fine, Grossman aveva scritto nel suo capolavoro Vita e Destino che comunismo e nazismo erano “lo specchio l’uno dell’altro” e che contro ogni ideologia si batte la libertà delle persone e della loro rete di affetti.

È proprio su questa impostazione che la Russia putiniana ora non si trova d’accordo. In una legge del 2018, infatti, si punisce chi diffama qualunque parte della storia della Russia e dell’Unione Sovietica e, in particolare, chi equipara nazismo e comunismo. Ovviamente, c’è un problema politico dietro a queste leggi: Putin ha deciso di inserire la propria figura nella storia come continuatore di Pietro il Grande e di Stalin, considerati, al di là delle loro idee, come grandi nazionalisti, fondatori e difensori della patria. La storia deve dunque essere interpretata in modo tale che questa lettura regga e chi si frappone va eliminato (come Memorial) o reinterpretato (come Grossman).

Al di là della vicenda putiniana, però, qui mi interessa una questione che riguarda tutte le riletture del passato, in qualsiasi realtà che abbia vissuto epoche drammatiche. L’esistenza di Memorial, infatti, costringeva al ricordo della verità storica sull’Unione Sovietica per creare una discontinuità, mentre Putin vuole stabilire una continuità con il passato attraverso un’edulcorazione del ricordo. In fondo, in ogni realtà che abbia vissuto esperienze del genere, il dilemma è lo stesso: è meglio ricordare la verità e capire dolorosamente di aver sbagliato, fino a pentirsene, o sfumare la verità storica per cercare una nuova coesione? Per fare esempi storici, la Germania post-nazista ha scelto decisamente per la prima via. Il pubblico ministero russo, nella sua requisitoria contro Memorial, la seconda: “Ci servono queste lezioni di storia? […] Perché invece dell’orgoglio per un Paese che ha vinto una terribile guerra e ha liberato il mondo dal fascismo ci propongono di vergognarci e di pentirci per quello che sarebbe il nostro torbido passato?”. Che significa: perché ricordare gli errori, quando ormai sono passati e in fondo si è vinto?

La risposta è chiara: se non si capisce il meccanismo sbagliato che è accaduto, lo si ripeterà e, al contrario, quando si studia la verità storica si avranno a disposizione alternative per immaginare un mondo diverso. Sulla continuità o discontinuità della storia, sulla verità storica, dunque, si gioca molto del futuro. Per questo, vale sempre la pena battersi per la memoria della storia, anche se non sembra la cosa più urgente o necessaria.


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