IL Digitale


I problemi di Alexa

Nel corso di alcuni Natali ho comprato cinque Alexa, il piccolo cilindro magico di Amazon cui puoi chiedere di tutto, dalle previsioni del meteo, all’accendere la luce, al far partire l’aspirapolvere. Iniziò mio figlio liceale ad usarlo, e scoprii tra il divertito e l’imbarazzato che faceva le ricerche sotto dettatura, semplicemente chiedendo ad Alexa tutto quanto volevano i professori a scuola. Provò a sostenere che quello non fosse copiare, perché le domande le faceva, e lui faceva lo sforzo di scrivere quello che il computer diceva: gli spiegai il contrario.

Oltre a quelle dei figli, pure io e mia moglie ne abbiamo un paio in casa, che usiamo più che altro per ascoltar la musica, notiziari, o insegnarci ricette in cucina. Ma questo Natale non ne compro un altro, cosa me ne farei? In America il 27% della popolazione ha almeno un Alexa in casa, ed Amazon ha diecimila persone che ci lavorano, per costo totale di oltre quattro miliardi l’anno. Tuttavia, l’azienda perde $5 per ognuna delle Alexa che vende, perché tutta questa fatica se poi ci perde?

Perché come abbiamo visto nel numero scorso, per ogni soluzione digitale occorrono almeno tre ingredienti: dati di qualità, algoritmi efficaci, e l’esperienza dell’essere umano che usa la soluzione. Nel caso di Alexa, i clienti impiegano al massimo tre ore per imparare ad usarla, e questo limita l’uso proprio a quei comandi banali e ripetitivi per cui io stesso la uso. Chiedi un brano musicale, chiedi una ricetta, le previsioni del meteo, e se sei più sofisticato puoi chieder di accender le luci o qualche elettrodomestico. Ma manca il vero ingaggio del cliente, quando la persona dialoga con la macchina e da lì comincia a fare maggiori transazioni.

Amazon sta correndo ai ripari in modo antipatico, facendo fare domande ad Alexa. Se le chiedi il tempo che fa, dopo averti risposto con le previsioni, inizia a chiederti se vuoi comprare una giacca per la pioggia, o se vuoi visitare un museo per ripararti dal freddo. La tua contro risposta, “ma lascia perdere Alexa, fatti gli affari tuoi” non viene esattamente compresa dal piccolo cervello elettronico. Ed ovviamente non capisce il sarcasmo.

Devo riconoscere che Gen Alpha (nati dal 2010 in poi), e vecchietti giapponesi esposti ad interfacce robotiche, iniziano a sviluppare rapporti sociali con i sistemi di intelligenza artificiale, in questo aiutati dalla presenza di informazioni visive e qualche volta anche tattili, non solo sonore. Alexa invece è un cilindro nero e noioso, che oltre alla voce non ha nulla, come fai a relazionarti con lei? Forse in Amazon penseranno ad associare un tablet, in modo da avere un avatar con cui parlare, e forse questo risolverà il problema. Fino ad allora, questa linea di prodotto rappresenterà un notevole successo tecnologico e di penetrazione commerciale, ma non ancora l’unicorno che ci aspettavamo all’inizio. Senza la cura completa dell’interazione con la persona, le soluzioni non hanno il successo sperato.

Alexa può essere l’interfaccia vocale per una serie di prodotti, dagli elettrodomestici di casa, all’ automobile, al computer che si usa in ufficio, in modo da consentirci il controllo facile, senza tasti complicati. In molti casi, se avete uno di questi aggeggi in casa ed un po’ di dimestichezza informatica, queste interfacce le potete costruire voi stessi. L’alternativa, ossia comprare prodotti ad un prezzo maggiorato perché controllabili da Alexa, renderebbe Jeff più felice, ma il suo desiderio è un altro: rendere Alexa lo standard per le interfacce vocali. Fare in modo che tutte le aziende debbano comprare da lui la soluzione per interagire a parole coi loro prodotti. La monopsonia, bellezza.


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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro