Questa antropologia trascendente sottesa alla fatica educativa, rispettosa del mistero che circonda ogni uomo, chiaramente e coraggiosamente si pone accanto - però distinta - a pedagogie demagogiche e plagianti che creano consenso ma piegano gli spiriti alle mode correnti e agli arbitrari disegni di potentati economici e politici. Un impegno significativo e coraggioso, in fatto di educazione, nasce sul terreno delle convinzioni e le convinzioni poggiano su precise idee. In un mondo frammentato e dispersivo, dentro una cultura con i suoi miti effimeri, i suoi ripiegamenti egoistici, i suoi vuoti contenutistici, non c'è spazio a progetti liberi, per intraprendere, in solidarietà, la via della propria e altrui educazione. Ma, senza educazione non ci possono essere che uomini sterili, improduttivi, vili speculatori, senza speranza e senza sogni. Per liberarci da questa grigia prigione che determina l’esistenza e tornare alla novità di un tempo redento, non possiamo abbandonare il futuro alle sole logiche di MERCATO. "Le società più prospere sono quelle che preparano meglio i loro giovani a gestire i cambiamenti" (Mario Draghi, Bari 26-10-21)
“...La pandemia ha inciso notevolmente sullo stile di vita cui eravamo abituati, facendo venire meno comodità e certezze consolidate. Essa ci ha messo in crisi, mostrandoci il volto di un mondo malato non solo a causa del virus, ma anche nell’ambiente, nei processi economici e politici, e più ancora nei rapporti umani. Ha messo in luce i rischi e le conseguenze di un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto e ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino…” (papa FRANCESCO ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 8 febbraio 2021)
Questa decadenza storica deve essere affrontata all'interno di un approccio educativo più che come patologia, ma gli adulti, dopo decenni di mentalità relativista e nichilista, rinunciano all’educazione, non ne sono più capaci. Gli Italiani (81%) chiedono a gran voce lo psicologo obbligatorio a scuola.
«Assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”. Vorrei ripeterlo: assistiamo a una sorta di “catastrofe educativa”, davanti alla quale non si può rimanere inerti, per il bene delle future generazioni e dell’intera società. Oggi c’è bisogno di una rinnovata stagione di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società». (papa FRANCESCO ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 8 febbraio 2021)
La scuola (art. 3 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297), è intesa come una comunità educativa di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni.
La piena attuazione della libertà e dell’uguaglianza, nel rispetto delle differenze di tutti e dell’identità di ciascuno, richiede, oggi, la collaborazione delle formazioni sociali (art. 2 Cost.) in una nuova dimensione di integrazione fra scuola e territorio per “svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società” (art. 4 Cost.).
Va ricercata e favorita, allora, una stretta connessione di ogni scuola con il suo territorio, poiché solo una comunità educativa che condivide valori può affiancare al compito dell’“insegnare ad apprendere” anche quello dell’“insegnare a essere.”
“Siamo figli della crisi. I sogni dei nostri genitori di un mondo nuovo, le speranze degli anni Sessanta sono andate in fumo sul rogo della violenza, dell’inimicizia e dell’egoismo. La cultura degli affari ha finito per spegnere ciò che era rimasto di quelle braci. Siamo cresciuti in un mondo di cenere.” (Papa Francesco e la scuola, di Giuseppe Mari)
In queste parole c’è l’ammissione di un’“orfananza” conseguente allo sfaldamento del tessuto comunitario. Gli attori territoriali (associazioni culturali e sportive, oratori, organizzazioni non governative, famiglie, personale scolastico, imprese e aziende) dovrebbero e potrebbero formalizzare la collaborazione attraverso la costituzione di patti educativi di comunità, basati sulla co-progettazione e corresponsabilità.
Il termine “comunità” non mette, certo, in discussione l’autorevolezza della funzione educativa affidata ai docenti ma legittima le intrusioni complementari delle altre istituzioni che diventano a pieno titolo attori nelle scelte didattiche e metodologiche dell’insegnamento.
La “scuola comunità” è uno spazio culturale di sintesi e di confronto di proposte con tutte le componenti sociali. Gli ambienti in cui la scuola è immersa sono più ricchi di stimoli culturali. La comunità educativa così come il suo attore principale, la scuola, mettono insieme diversità che non inficiano l’obiettivo finale dell’educazione anzi, lo valorizzano. Lasciamoci guidare da un’utopia come quella di vivere in una comunità educata ed educante. Comunità è una parola dolce, rassicurante e calda. Ci fa pensare a un luogo dove le diverse parti di una società collaborano in modo efficace per il bene comune e una equilibrata crescita umana.