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Promesse e pericoli dell’intelligenza artificiale generale (GAI)

Con Intelligenza Artificiale Generale (abbreviata all’inglese GAI) intendiamo quelle soluzioni progettate per imitare la nostra intelligenza umana, ovvero in grado di fare un po’ di tutto ed imparare cose nuove sulla base delle nostre esperienze. La GAI per ora non esiste ancora, mentre sono molte le applicazioni di intelligenza artificiale specifica, che in un dato ambito di conoscenze possono aumentare le nostre capacità e produttività.

Erik Brynjolfsson, che dal MIT della fredda Boston s’è trasferito al caldo di Stanford, ha pubblicato un bel pezzo a riguardo, qui. I recenti progressi dei robot fisici, che finalmente acquisiscono destrezza nelle mani e cominciano a muoversi in modo accettabile, e quelli software che ora sono sempre più presenti negli oggetti e lavori di tutti i giorni, pur rimanendo esempi di intelligenza artificiale specifica contribuiscono ad un quadro sempre più completo, in cui immaginare un’intelligenza artificiale simil-umana. Leggete quindi un riferimento a HLAI (intelligenza artificiale simil-umana) come passo intermedio prima di giungere alla GAI vera e propria.

Il pericolo principale nell’adozione di robot ed intelligenza artificiale così sofisticati da somigliare alle capacità umane è l’obiettivo ed il metodo di adozione di queste tecnologie. Ci sono due strade: da un lato l’automazione, ossia la sostituzione dell’essere umano con macchine e software che possono fare meglio lo stesso lavoro. Nei casi specifici di mestieri pericolosi o usuranti, l’automazione è benvenuta perché’ limitata alla sostituzione di poche attività dannose. Un robot che si prende carico del carico e scarico da un forno caldissimo, da una stazione di verniciatura i cui fumi sono tossici, o semplicemente evita la noia di riempire scatoloni a ritmi schiavistici, facilita l’operatore nelle altre attività necessarie a produzione e logistica. Al contrario, quando vengano sostituite mansioni manuali o d’ufficio che una persona non ha problemi a svolgere, il robot ruba il lavoro.

Si potrebbe immaginare, ad essere oltremodo ottimisti e borderline allucinati, di riempire una fabbrica di robot e mandare tutta la gente sul divano, pagandola con un reddito da cittadinanza finanziato dalle tasse pagate dai robot. Pia illusione: nel momento in cui i robot sono di un padrone, di un’azienda, di uno stato o di chiunque che non sia il lavoratore, chi sta sul divano ha la capacità negoziale di uno schiavo d’Egitto. In altri termini, quando HLAI o GAI vengono usate per automatizzare l’economia, il potere si concentra in poche mani ed alla popolazione non resta un gran futuro.

La seconda strada è quella per cui si aumentano le capacità del lavoratore, e nell’articolo Brynjolfsson cita molti esempi in cui la tecnologia ha creato nuovi mercati, con relativa crescita economica di tutti. Possiamo aggiungere i più recenti casi di modellazione del famigerato mRNA e delle proteine per vedere che quando si lavora per aumentare le capacità umane abbiamo progresso per tutti. Questa strada richiede un’innovazione in più rispetto a quella tecnologica, ossia quella di creare un nuovo mercato e forse anche una nuova società. Jeff Bezos non ha automatizzato il business delle librerie, ha aumentato la capacità della sua azienda di distribuire qualsiasi prodotto a condizioni più competitive di tutti gli altri mercati esistenti. Amazon ha effettivamente creato più ricchezza per tutti, ma il regime capitalistico finanziario ha permesso che l’imprenditore tenesse per sé una quantità di guadagni esorbitante. Anche la seconda strada, quindi, necessita di un sistema forte di controllo e salvaguardia delle condizioni dei lavoratori.


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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro

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