Mi dico che mi voglio astrarre, leggerlo come se non sapessi chi lo ha scritto. Cerco di essere prevenuto, scettico, provo a inarcare il naso come quando si annusa un cibo sconosciuto che già dall'aspetto non convince. Non ci sono riuscito, ma mi sia dato atto che, a differenza dei letterati imbelli che ci circondano, io ci ho provato.
E' sguardo che mi colpisce in Riccardo Ruggeri. Nei giornali si dice “il taglio”: “Che taglio vuoi dare a questo articolo?”. Il punto di vista, insomma, l'angolo di visuale sul quale ci si apposta per descrivere un fatto. Il “taglio” è la cosa più importante di un articolo o di un libro e capirlo è più importante di ciò che è scritto nell'articolo stesso. Se non capisci il “taglio” che l'autore ha dato, non hai capito nulla. Si può “tagliare” un articolo in mille modi (quelli politici in un milione): il “taglio” ideologico, il “taglio” pratico, il “taglio” strategico. Riccardo “taglia” i suoi libri e i suoi articoli partendo dal presupposto che quello che conta, la sola cosa che conta, è l'execution, volgarmente detti “fatti”. Guardare verso il basso (i fatti, secondo me, stanno in basso) invece che in alto (le teorie, sempre secondo me, stanno in alto) ti fa riconoscere quelle che Riccardo chiama fake truth: fatti veri ma incompleti, quindi falsi.
Raccontando la storia della Fiat e suddividendola per periodi storici, in “Fca, remain o exit” Riccardo Ruggeri svela una quantità di fake truth: mi concentro su 3. La prima (pagina 82) parlando degli anni che vanno dal 1980 al 1995, scrive: “Eravamo stati governati, a nostra insaputa, da un concentrato di inetti, per di più bolsi, sia politici che imprenditori-manager alto borghesi, supportati da accademici di grande spessore teorico ma adolescenti in termini di execution, il mix più micidiale che ci sia in natura: eccesso di competenza e arroganza intellettuale, zero umanità”. Insulti a parte non riuscirei a descrivere meglio quel periodo storico-politico-economico, soprattutto economico.
La seconda fake truth (pagina 162) smonta il mito del “polo del lusso” che Marchionne ha propinato a giornalisti, politici, banche d'affari per almeno 5 anni. Il “polo del lusso” automobilistico è stata la più grande balla industriale che questo Paese abbia mai dovuto ascoltare (superata solo dal “rilancio dell'Alitalia”) alla quale ha creduto imbeccata dagli intellettuali di cui sopra travestiti da economisti o da giornalisti, sempre pronti ad annuire, sapendo di farlo, giustificando il proprio servilismo (o inettitudine, non saprei) con la necessità di salvaguardare un bene superiore che una volta è la sopravvivenza della Fiat, un'altra la stabilità del “sistema istituzionale” e un'altra ancora il proprio portafoglio. Ancora oggi io, come Riccardo, mi chiedo come sia stato possibile che un Paese intero (sindacati compresi) abbia potuto credere a un manager che in 10 anni ha sfornato 8 piano industriali diversi, inconfrontabili tra di loro accomunati dalla parola magica “polo del lusso” che non si è mai visto perché, come scrive Riccardo “tecnicamente infattibile”.
Terza fake truth (pagina 180): la tentata aggregazione Fca-Renault è stata un colossale fallimento per la casa di Torino. Cosa si scriverebbe se una qualsiasi società italiana, tedesca, olandese, giamaicana tentasse di comprare una concorrente di un qualsiasi altro Paese e, dopo aver confermato ufficialmente l'intenzione, non ci riuscisse? Ecco... adesso andate a vedere che cosa hanno scritto i giornali, generatori automatici di fake truth contro le quali Zafferano è un utilissimo antidoto.