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E fatte na risata, Erica

Ridere e far ridere sono probabilmente il miglior modo per stabilire un rapporto con il prossimo, perché spengono il naturale sospetto che abbiamo verso lo sconosciuto, creando un legame. Quando pensiamo ad un robot, l’ultima cosa che ci viene in mente è che possa ridere o farci ridere. 

Infatti per dare una parvenza di simpatia da anni usiamo gli emoji, rappresentazioni stilizzate di occhioni simpatici e sorrisi, che ovviamente funzionano solo in parte. Fino a poco fa i robot non avevano nemmeno senso dell’umorismo, non riuscivano ad inventarsi una battuta o una storiella per farci ridere. Adesso le cose cambiano.

La risata è una forma di comunicazione non verbale molto efficace, compresa allo stesso modo da tutti i popoli e generazioni: serve a trovare un partner, un accordo commerciale, risolvere un conflitto, rinforzare i rapporti di amicizia, ed è quindi una capacità fondamentale per migliorare l’interazione uomo-macchina. Un gruppo di ricercatori (articolo qui) ha sviluppato un motore di risate, un sistema di intelligenza artificiale che ride e ci fa ridere per creare empatia con i robot.

Dai miei amici alla Kyoto University arrivano tre modelli di AI (intelligenza artificiale): il primo capisce quando la persona ride, il secondo prevede quando occorre ridere, il terzo sceglie la modalità migliore di farlo. È chiaro a tutti che risate alla Fantozzi, o Contessa Von der Lyen, non sono sempre simpatiche: occorre saper ridere in modo convincente rispetto al contesto in cui ci troviamo.

I ricercatori sono partiti da un database di dialoghi tra studenti maschi ed un robot chiamato Erica (vai a capire la gender identity), controllato da quattro attrici che dovevano fingere di essere interessate alle avances dei ragazzi. Erica oltre a ridere può fare occhiolini e girare la testa; quindi, ha un repertorio limitato di comunicazione non verbale. Ogni studente aveva a disposizione un quarto d’ora di conversazione per far colpo sulla macchina, e doveva dar fondo alle sue capacità di tombeur de femme per far meglio dei colleghi.

Il primo sistema, che capisce quando la persona ride, è basato su un network neuronale, ed è quindi in grado di imparare dai primi esempi registrati. Se Erica avesse risposto con una risata a quella dello studente, il sistema la avrebbe classificata diversamente rispetto ad altre reazioni. Le quasi 300 risate sono state classificate tra spiritose, affettuose, sociali, sarcastiche e malandrine. Il secondo AI, concentrato sulla risata più appropriata fare, ha usato lo stesso modello di regressione logistica rispetto al previsore. Una risata spiritosa arricchisce il dialogo, mentre una sociale tende a riempire i vuoti della conversazione, in attesa della prossima battuta.

Quando Erica ha cominciato a ridere correttamente, nei giovani studenti è scattato qualcosa, che a seconda dei vostri punti di vista è importante, o drammatico. Hanno perso di vista che stavano interagendo con una macchina, hanno iniziato a trattarla (quasi) come una ragazza. Ricorderete in questa rubrica il numero sui robot badanti che hanno aiutato i vecchietti giapponesi durante il lockdown, e come in quel contesto si fosse misurato vero affezionamento tra nonnina e macchina. Io pensai che solitudine ed isolamento giustificassero una mente anziana, sotto molto stress, a dare una risposta sbagliata. Bene, con Erica sappiamo che anche i ragazzi possono farsi fregare se li fai ridere: stiamo attenti, perché adesso i robot riescono ad esser simpatici. Non credo siamo al punto dove un robot metta le corna al partner, ma nel manipolare una persona a comprar qualcosa di inutile o prezzo eccessivo, ormai ci siamo.


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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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