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Biden vs. Putin

Il gioco si fa duro: Biden spedisce armi, dollari e distruttori (scusate, intendevo “ed istruttori”) ai fratelli ucraini, Putin è costretto ad obbligare ex-militari e comuni cittadini ad arruolarsi. Se anche non tira l’atomica, rastrellare 300.000 russi per un’invasione che può solo finire che con una ritirata, è un passo verso il bivio: o la va, o la spacca.

Politici americani di entrambe gli schieramenti si rendono conto che l’Europa ne esce bastonata, alcuni son contenti, altri fingono compassione. Non possono esagerare con queste esternazioni, a rischio che qualche alleato del vecchio continente rinunci a docce fredde, spaghetti cotti con acqua fredda, e piumoni al naso. Gli inviati dell’Amministrazione, e quelli delle grosse banche d’affari, sono al collo di Erdogan e banche turche, di Modi ed istituzioni indiane, in modo da lasciare solo la Cina a reggere il cero delle mancate sanzioni. Sicuramente a Xi da fastidio questo trambusto, che si riduce in maggiori restrizioni al suo commercio. Con una spruzzata di fratelli taiwanesi per buona misura, Biden ha ulteriormente bloccato il commercio di materiale elettronico, continua a rimpatriare fabbriche, e piazza portaerei e flotta pacifica all’ingresso della Cina, per far capire che il Premio Nobel per la Pace non gli serve più.

Noi peones siamo tra l’incudine ed il martello: la borsa patisce, non parliamo delle criptovalute, l’inflazione galoppa e si sente sulla nostra capacità di spesa, ma lavoro non manca, gli investimenti verso l’America aumentano alla grande, il dollaro si rafforza ed il gas che vendiamo ai cugini Europei pare DOCG.

Victoria Nuland e sodali, veri vincitori di questa tragedia, sono spariti e non si sa dove siano e cosa facciano. Meglio che tengano un profilo basso, perché il famoso “f*uck the EU” (fottiti, Unione Europea) non è più una battuta di cattivo gusto, ma triste realtà. Quando ci renderemo conto della grossa trappola? La narrativa mainstream ci dice che è tutta e solo colpa di Putin, malefico invasore che di punto in bianco si sveglia male lo scorso inverno e decidere di mandar truppe da quelli che sono veramente fratelli dei russi, gli ucraini che ne condividono cultura e lingua.

Non fa una grinza: questo assassino professionista, cattivissimo KGB, che ha eliminato tutti i concorrenti ed è rimasto al potere incontrastato per 20 anni, una versione 4.0 di uno Zar di altri tempi, quando potrebbe continuare a fare il bello ed il cattivo tempo a casa sua come sempre, cambia idea. Si sveglia e decide di creare un casus belli per picchiarsi con USA e NATO. All’inizio di quest’invasione alcune testate avevano buttato lì l’esca della senilità’, pazzia furiosa, tumore terminale, qualsiasi patologia potesse spiegare l’inversione ad U di un freddo calcolatore, che ha sempre tramato nell’ombra senza scrupoli. Poi passano in mesi, non da’ evidenza di segni clinici, sorge il sospetto che questa ipotesi fosse campata in aria apposta.

Totalmente assurdo pensare il contrario, riconoscere che l’errore l’ha fatto cedendo a provocazioni che vanno avanti da anni, forse per orgoglio, per un calcolo sbagliato, chissà: s’è fatto fregare dalla Nuland. E noi siamo stati gli scemi del villaggio, quelli che credono a cosa dicono i competenti e le contesse. Bene, qualche doccetta fresca ci sveglierà, e lo stomaco lungo ci terrà molto attenti.


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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro