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Ancora un boomerang di sanzioni

Il nostro Presidente s’è fatto prendere la mano con sanzioni e sovvenzioni: blocca le esportazioni di questo o quel prodotto per evitare che i concorrenti cinesi li copino, alza le barriere doganali per impedire l’importazione di altri beni, sparge miliardi di dollari a pioggia su interi settori industriali. Queste politiche sono apparentemente efficaci nel breve periodo, ma fanno danni nel medio e lungo: sono dei boomerang per la nostra economia.

Ultimo in ordine di tempo, ha stabilito dazi del 100% sulle auto elettriche cinesi. Come Willy Coyote, in questo momento guarda speranzoso il boomerang che ha tirato verso Xi Bip Bip, senza sapere che tra poco gli tornerà sulla testa, con forza.

La globalizzazione, verso la fine del secolo scorso, aveva portato alla riduzione dei dazi da una media del 12% al 3%, contribuendo al grande aumento del commercio internazionale ed alla triplicazione del PIL globale. Vero che i benefici maggiori sono stati per la Cina, che ha portato 300 milioni di cittadini alla ricchezza e 600 milioni dalla povertà al benessere, mentre in Occidente solo i ricchi hanno veramente guadagnato parecchio: gli altri han migliorato i propri standard di vita ma senza grandi feste.

L’apertura di un paese ai mercati internazionali, quindi all’ingresso della concorrenza, beneficia i cittadini sia in termini di prezzi inferiori, sia nella spinta all’innovazione che tutti i concorrenti devono intraprendere. Dai pannelli solari, alle batterie, computer e quant’altro, siamo pieni di prodotti che han giovato dalla concorrenza di mercato: più sono gli attori, più occorre ingegno per migliorare i processi e sviluppare nuove nicchie. Al contrario quando si alzano le tariffe, le aziende di quel paese si siedono comode sul loro deretano, concentrate a prendere qualsiasi rendita arrivi dallo stato.

Se oggi le auto elettriche occidentali, europee ed americane, sono anni in ritardo rispetto a Tesla e concorrenti cinesi, possiamo ringraziare anni di manomissioni del mercato da parte dei loro governi. Tutto bello finche’ dura, poi quando le fabbriche iniziano a chiudere perché i prodotti non vendono, e magari finiscono i fondi pubblici, ecco che il boomerang suona sulla zucca vuota, come una campana a morto.

Oggi auto elettriche occidentali a meno di $35-40.000 non si trovano, e giustamente i clienti stan lontani: perché mai indebitarsi per una commodity che funziona benino in città e mette il latte ai gomiti sulle lunghe percorrenze? Perché mai indebitarsi per poi avere l’ansia del trovare un caricatore funzionante?

Così la BYD ha pensato bene di presentare il suo nuovo pick-up, Shark (squalo), a pochi chilometri dal nostro confine col Messico. Dopo aver conquistato il Sud America, ora i cinesi son saliti al confine, con un prodotto assolutamente all’onore del mondo ed un prezzo molto competitivo. Due motori elettrici ed un 1.500 di cilindrata per alimentare le batterie, questo plug-in ibrido fa 100km a batteria ma arriva ad erogare 430 cavalli: macchina ideale per artigiani, agricoltori ed in generale chi lavora con l’auto.

Un macchinone che BYD venderà sui $55.000, prezzo molto più conveniente delle equivalenti Ford, GM e RAM americane, e dopo i messicani anche gli americani inizieranno a comprarlo ed importarlo usato. Il boomerang volerà ancora qualche mese, specie sotto le elezioni, e poi vedremo se qualche fabbrica americana deve chiudere perché’ non regge la concorrenza.

Biden avrà scaricato l’arma contundente in testa al prossimo Presidente, e noi contribuenti saremo ben felici di aver sprecato le nostre tasse ancora una volta in cose inutili.

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Zafferano

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