Che bella la parola investimento: ti dà l’idea di pagare $100 miliardi per poi riaverne $150, $200, o magari mille miliardi come ritorno. Sicuramente nel 2023 sono proprio mille i miliardi che stanno tornando nella nostra economia, grazie al prezzo maggiorato del gas che vendiamo ai fratelli minus habens che schifano quello russo, ed a tutte le fabbriche in costruzione in giro per il paese. Che questo doping del mercato lo si vada poi a pagare caro, con licenziamenti e fallimenti, non è il problema dei politici di turno: sarà la prossima squadra a raccogliere i cocci.
La sostanza del discorso di Biden è che ancora una volta ci mettiamo la divisa del poliziotto del mondo, ed a suon di miliardi, portaerei e missili, andiamo a salvare paesi amici da totalitarismo e terrorismo. Tutto bello, ma manca un pezzo: a noi poveracci americani, che vediamo cento ponti crollare ogni anno, un treno deragliare ogni settimana, giovani ed adulti che non sbarcano il lunario, aspettativa di vita in calo, cosa torna indietro? Ci spartiamo il bottino di guerra? Ci dividiamo il ritorno su questo investimento?
Questi piccoli dettagli, sul come potrà migliorare la nostra vita quotidiana, la nostra ricchezza disponibile, o la nostra salute, sono mancati dalla sua retorica. Potremo forse mandare milioni di immigrati illegali in Ucraina, una volta liberata dall’invasore, per ricostruire il paese e sminare il 30% del territorio? Avremo uno sconto su limoni e pompelmi dalla Palestina? O forse, molto più probabilmente, potremo esser fieri degli infiniti ringraziamenti dei fratelli israeliani ed ucraini? Il problema coi ringraziamenti, è che non ti comprano niente al mercato, sono aria fritta.
I Repubblicani hanno nasato la truffa, e gridano allo scandalo per il fatto che dei $100 miliardi, ben $60 son destinati all’Ucraina, da tutti considerata un pozzo senza fondo per gli amici degli amici. E poi bastonano sul fatto che Biden ha effettivamente dato $6 miliardi all’Iran, che ha probabilmente aiutato i terroristi di Hamas. Anche l’unico candidato indipendente, Robert Kennedy Jnr., ha criticato il discorso, ma da una postura tutta diversa: ha ripreso un discorso di Martin Luther King per scambiare la logica della violenza con uno sforzo per fermare le armi e considerare tutti gli esseri umani come uguali.
Purtroppo, l’aggressività di Biden può essere un punto di non ritorno, se ci porta dritti verso un conflitto armato in un teatro molto più grande della sola Ucraina, esteso ai paesi del sistema multipolare, del Sud del mondo. Aggressività che ora inizia a casa nostra: fino a qualche giorno fa tutte le manifestazioni andavano bene, nel rispetto della legge e dei diritti di tutti. La polizia finora non è dovuta intervenire se non per qualche spintone, tra chi tifa Israele, chi Palestina, chi Hamas. Ma il vento è cambiato: i media non distinguono più tra palestinesi e terroristi, censurano chi non sia chiaramente a favore di Israele, fanno character assasination.
Dispiace questa miopia fortissima della classe politica. È chiaro a tutti che il famoso investimento darà un lauto ritorno solo agli eletti delle lobby, non al ceto comune, come pure è evidente che il sud del mondo è scettico di chi pretende ancora di comandare perché ha il missile facile. Tra America ed Europa arriviamo malapena a 800 milioni di persone, dall’altra parte son miliardi: hanno i nostri telefonini, le nostre fabbriche (gliele abbiam date noi), ed una tecnologia che inizia a superare la nostra in molti campi. Hanno avuto la prova, con Ucraina e Palestina, che il rispetto delle regole che Biden e compagnia ripetono sempre, conta come il due di picche a briscola.
Come possiamo cambiar strada, e dirigerci verso un rapporto tranquillo tra tutti i popoli?