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Il vincitore scrive la storia se internet lo lascia fare

Per Joe Biden l’ultimo weekend di settembre è delicato: lunedì 27 il Congresso vota vota mille miliardi di investimenti in infrastrutture, una proposta in linea con le politiche di Trump che vede quasi tutti d’accordo. Il problema è che l’ala sinistra del partito democratico vuole anche approvare tremilacinquecento miliardi di spese per la sanità, i servizi sociali ed una miriade di altri buoni propositi, e chiede che tutto il partito voti compatto anche questa seconda legge, o non farà passare il testo sulle infrastrutture.

S’era già visto nella campagna elettorale che, mentre... 

... i repubblicani erano compatti dietro a Trump, Biden doveva tenere assieme un’alleanza molto sconnessa. AOC ci ha messo del suo, infilandosi ad una cena vip da $30.000 ad ingresso con un vestito marchiato “tassiamo i ricchi”, criticando Israele e chiedendo una forte riduzione della polizia, ovvero infrangendo tre tabù dei politici americani ed attirandosi critiche feroci sia dagli avversari sia dai compagni di partito. I democratici han preso coscienza che tutto quanto è cancel culture e woke, che un anno fa faceva figo senza impegno, ora fa danni.

Biden ha perso credibilità recentemente: dalla modalità disastrosa dell’uscita dall’Afganistan, ad un quarto della popolazione ancora senza vaccino che riempie gli ospedali, alle rivelazioni scottanti dei pochi giornalisti investigativi rimasti sulla piazza. Scopriamo che ci fu ben poca influenza e disinformazione russa a supporto di Trump, mentre le mail compromettenti su Hunter Biden (figlio) erano vere. Pensa te: questo rampollo che col padre Vicepresidente guida un’azienda energetica in Ucraina a $50.000 al mese senza saper nulla di energia, quando poi il genitore diventa Presidente si trasforma in pittore i cui quadri vendono per $500.000 cadauno. Papà Biden è molto imbarazzato, e non gli piace se ne parli. E come se non bastasse, 17.000 immigrati illegali trattati peggio degli animali sotto un ponte del Rio Grande, a dimostrare che nulla è cambiato rispetto al suo predecessore.

La responsabile della comunicazione della Casa Bianca, insieme ai tanti media servizievoli, ora ci dicono che non è più rilevante parlare di influenza russa e di questi scandali veniali, che il vincitore scrive la storia e Trump è nell’oblio per sempre. Sarà anche vero, ma da Snowden a Greenwald ad altri che tengono in piedi il giornalismo investigativo producono chiare prove dell’ipocrisia e falsità di quanto detto in campagna elettorale. Internet ha il pregio di consentire a molti di scavare, e tirar fuori notizie che ai vincitori farebbe comodo nascondere. Scopriamo quindi che l’auto bombardata a Kabul uccidendo sette bambini era quella di un traduttore degli USA, per un “tragico incidente” confuso con un terrorista. E vengono fuori caterve di documenti che rafforzano l’ipotesi che il virus sia stato prodotto in laboratorio (qui), come diceva il presidente precedente. In due mesi il grado di approvazione di Biden è sceso in territorio negativo, senza che i repubblicani abbiano fatto nulla.

Manca ancora un anno mezzo alle votazioni, e Biden può recuperare se tra virus ed economia riesce a dare una sterzata al paese. Ma il tentativo di cancellare Trump, e con lui una serie di falsità messe in rete ad arte per vincere le elezioni, ora sbatte contro i pochi giornalisti investigativi rimasti ed una marea di naviganti dell’internet, curiosi ed in grado di mettere in luce fuffa e verità. Se venisse mai fuori che chi si è proposto come molto più onesto e di sani principi, in effetti fosse spregiudicato al pari del predecessore, la leadership democratica potrebbe svanire.


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