Vita d'artista


La rosa tatuata

Di recente mi è tornato in mano il catalogo di una mostra che ricordo ancora perfettamente tanto mi sorprese, quando la visitai nell’ormai lontano 2007: con essa era nata l’attività di Galerja, di Alessandro Boncompagni Ludovisi a Roma. Ricordo che passeggiavo per il centro e capitai per caso in via Della Lupa, mi fermai perché...

... vidi nella stretta vetrina della galleria un’opera di Jannis Kounellis , riconoscibilissima, una sedia sulla quale vi era piegato un suo iconico soprabito, su cui aveva posto una gabbietta con un uccellino dentro. Varcai la soglia e rimasi sorpresa da tanta poesia. Una sorta di sipario divideva la galleria in senso longitudinale, una divisione ambientale leggera e al tempo stesso pesante, come ogni opera di Kounellis, fatta di due travi di ferro al soffitto da cui scendevano delle sfere di piombo fissate a dei cavi d’acciaio, a intervalli costanti, tali da costituire una ingegnosa trama visiva.

Nella galleria, camminando lungo quella sorta di cortina aperta, era presente un’altra opera, questa volta del passato, e precisamente di Mattia Preti, pittore caravaggesco che conoscevo molto bene, perché negli anni avevo frequentato il museo a lui dedicato, a Taverna, vicino a Catanzaro. L’opera che si intravedeva attraverso quella sorta di rete che evocava un poco la guerra (le sfere mi parevano delle palle di cannone) era Il sacrificio di Muzio Scevola, datata intorno al 1650 e l’impatto delle due insieme era davvero straordinario. Kounellis si era impegnato con fervore a questa originale soluzione plastica, scrive Bruno Corà nel testo introduttivo, sottolineando il valore sovratemporale e poetico di entrambe le opere. Il Mattia Preti vibrava nella sua densa area con la luce del fuoco in cui Scevola, a causa del mancato attentato alla vita al re etrusco Porsenna, porge il braccio senza esibire alcuna sofferenza. Nella storia il re poi apprezza quest0 atto di eroismo e diviene disponibile a cercare la pace con Roma. Una visione potente.

Altrettanto intensamente vivida e coinvolgente, l'azione di Kounellis si concentra su una dimensione quasi onirica che, pur stabilendo un'obiettiva distanza tra il proprio lavoro e quello dello storico pittore calabrese, mostra di essere capace di una sottile dialettica che rende, appunto, tutta l'arte compresente e contemporanea. Il titolo invece, La rosa tatuata, apparentemente fuorviante, rimanda al celebre film con Anna Magnani, dal dramma scritto apposta per lei da Tennessee Williams, che doveva essere recitato a teatro, ma a causa della scarsa conoscenza dell’inglese da parte dell’attrice fu infine sceneggiato dallo stesso autore per farne un film. Mondi diversi a confronto, dialoghi la cui eco è sempiterna.

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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro