Secondo il Wall Street Journal si tratta di un affare per tutti. Per i musicisti è una calcolata opportunità, soprattutto riferita alle star non più giovani che preferiscono monetizzare oggi (e quanto bene!), vista l’incertezza del futuro (economico, fiscale, artistico) e il terreno scivoloso su cui si muove la loro attività dall’inizio della pandemia.
Con il lungo stop a concerti e tour, gli introiti relativi si son fermati; i dischi continuano a non essere venduti e dallo streaming arrivano ricavi sempre più bassi. Spotify è la più diffusa delle piattaforme ma paga davvero poco e meno di altre.
Alcuni esperti vedono nel marketing dei cataloghi una bolla che si sgonfierà in un paio di anni
ma per ora la frenesia resta: i compratori sono colossi dell’editoria e anche società di investimenti che han riconosciuto nel mercato dei repertori l’asset più solido del settore musicale. Ogni accordo ha le sue specifiche ma in generale acquisire un catalogo significa possedere i diritti d’autore che spettano all’artista e il diritto all’utilizzo dei pezzi del repertorio nei più svariati e redditizi modi. Come dice il CEO della Curci che ha da poco acquistato il catalogo di Fedez: “L’accordo che abbiamo siglato con lui è da leggere in prospettiva .... per esempio nella serie Tv ‘The Ferragnez’... sono presenti dieci canzoni che ora sono nel nostro catalogo”.
“La musica ha valori sganciati dal mercato, perché la gente non ne può fare a meno, comunque vadano le cose… mentre altri generi di investimento sono assai più volatili”: così parla il CEO di un Fondo d’investimento musicale quotato in Borsa (Hipgnosis Songs Fund) e molto impegnato nella corsa ai cataloghi.
Diritti, musica, soldi, streaming. Parliamo naturalmente solo di star di grosso calibro e di repertori che resistono nel tempo. Stiamo a vedere cosa ne faranno i nuovi proprietari pur di far rendere l’investimento. C’è da capire anche come sarà il futuro prossimo della fruizione della musica: chi ascolterà cosa e in quale modo.
Avrà ragione Marty Bandier (CEO di Sony per molti anni) secondo cui musica e alcolici sono le uniche due industrie solide perché fioriscono sia quando le persone sono felici che quando sono tristi? (Billboard Magazine).