Un segmento dove si trovano molte imprenditrici all’opera è quello biomedicale, con lo sviluppo di nuove tecnologie per la diagnosi o cura di diverse patologie. Ho già parlato in questa rubrica dell’utilizzo della telecamera del cellulare, accoppiata ad una soluzione di intelligenza artificiale, per monitorare la pressione dell’occhio ed altre variabili importanti per il glaucoma. In questo numero vediamo il caso di una ricercatrice post-doc italiana, che 42N a Boston aiuta per il lancio di una diagnostica innovativa dell’autismo.
Con autismo si intende una serie di disturbi del neuro-sviluppo, che da problemi comportamentali più o meno gravi, e che si diagnostica normalmente verso i 3-4 anni del bimbo. Ha un’incidenza di circa uno su 60, non esiste una cura, ed i costi sono in continua crescita: dai 220 miliardi dell’anno scorso, a 600 a fine decennio, a mille trecentosessanta miliardi nel 2040. Quanto prima si diagnostica, tanto prima si possono iniziare terapie comportamentali che consentono una buona qualità della vita al paziente, riducendo anche il costo per la società.
Finora non abbiamo scoperto marcatori biologici di questa malattia, e la diagnosi si basa su esami comportamentali che per forza di cose sono imprecisi: età pediatrica e difficoltà relazionali rendono il colloquio un esercizio molto difficile. L’industria ha sviluppato alcuni farmaci, ma l’eterogeneità dello spettro autistico ne compromette l’efficacia: ogni paziente necessita di una cura ritagliata su misura.
Quando guardiamo il funzionamento del cervello di un paziente autistico, possiamo riconoscere che alcune zone del cervello si comportano in modo atipico in presenza di determinati sintomi. La nostra ricercatrice, con una squadra di neurologi, ingegneri e fisici, è riuscita a sviluppare un algoritmo di intelligenza artificiale che scansiona tutte le combinazioni di segnali elettrici e comportamenti autistici, riconoscendo l’appartenenza allo spettro con certezza. In poche parole, con una risonanza magnetica funzionale ottiene una diagnosi molto più affidabile di quanto sia fattibile con un esame comportamentale.
Soprattutto, quest’analisi si può fare prima ancora che il bimbo possa parlare, non lo stressa in alcun modo, e consente di iniziare la terapia due anni prima del solito, con notevole vantaggio per paziente e famigliari. Quest’innovazione è bella per due motivi: da un lato aiuta nella cura di una patologia invalidante, dall’altro dimostra l’importanza del riuscire a connettere campi di studio diversi per risolvere un problema in modo innovativo. Non vedo un motivo migliore per iniziare a studiare scienza, tecnologia, ingegneria e matematica: puoi essere la ragazza che, diventata dottoressa, sconfigge una malattia.