IL Digitale


Automobile definita dal software

L’auto elettrica è più semplice di quelle a combustione, e molto più economica da produrre. Se non ci fossero incentivi fiscali a drogare il mercato, con sconti che servono solo ad impoverire i contribuenti e tenere a galla aziende che non meritano, perché han mancato di investire in innovazione e sviluppo prodotto, l’automobilista ne guadagnerebbe. 

Prendiamo ad esempio un’utilitaria elettrica in vendita oggi: 20.000 euro il prezzo per il cliente, da cui il distributore ne prende 4.000, l’importatore 2.500 ed il produttore ha un ricavo di 13.500. Quell’auto costa 8.000, lasciando un primo margine di 5.500 all’azienda cinese che produce questo veicolo. L’equivalente a gasolio oggi dà un margine che va dai 150 ai 500 euro, una miseria. È vero che per berline e SUV la differenza nella marginalità del prodotto si assottiglia, fino a scomparire nei pick-up, ma l’auto elettrica ideale è l’utilitaria, ad uso cittadino: è quella che conta.

Come abbiamo visto nel numero scorso, Tesla sta scontando notevolmente le sue auto, fino al 24% sul mercato cinese, ed inizia ad aggredire anche il mercato europeo ed americano con sconti importanti. Riesce a farlo perché negli ultimi anni ha migliorato notevolmente anche l’affidabilità del veicolo che, costando molto meno di quello a motore, permette margini di contribuzione, e di manovra commerciale, più ampi. Il vero vantaggio competitivo delle auto elettriche non è da cercarsi nel motore elettrico, praticamente lo stesso dal 1920, e nemmeno nelle batterie, prodotte da un cartello di poche multinazionali. Il gioco vero è sul software, sulla sua capacità di gestire il veicolo e di integrarlo in un ecosistema più ampio, dove le batterie possono essere usate per alimentare la casa o per vendere energia sul mercato, il controllo della guida ottimizza la spesa assicurativa ed altri servizi accessori, e la disponibilità in tutte le ore consente di mettere l’auto a reddito.

Con Software Defined Vehicle (automobile definita dal software) intendiamo un veicolo che gestisce la propria operatività, riceve manutenzione e nuove funzionalità, comunica con altri veicoli ed oggetti, attraverso il software ed internet. Raccomando questo link per entrare nei dettagli e vedere come la BlackBerry sia riuscita a riprendersi dopo anni di crisi sui cellulari entrando nell’automotive.

Tutti noi siamo abituati a scaricare nuove applicazioni, e nuove versioni di quelle che già usiamo, sul nostro cellulare. Non facciamo più caso al fatto che WhatsApp, o Twitter, o il sistema di home-banking, di quando in quando si arricchiscano di nuove opzioni e di miglioramenti nell’interfaccia utente. Fino a poco tempo fa, ovvie considerazioni di sicurezza impedivano di modificare le caratteristiche dinamiche della nostra auto, potevamo aggiornare la mappa o il lettore musicale, ma non la potenza del motore o il settaggio delle sospensioni.

All’inizio sono stati i veicoli agricoli, da John Deere a CNH, ad offrire la possibilità di cambiare la potenza dei trattori via software, e dopo un passaggio sui veicoli industriali, ora arrivano sulle nostre auto. Abbiamo già TIR a guida autonoma nel tratto autostradale, che in collegamento con centri di distribuzione aggiornano sul viaggio e sulle condizioni del carico, arrivando a proporre vendite della merce mentre viaggiano.

A bordo della nostra auto gli strumenti di aiuto alla navigazione e conduzione (ADAS) sono sempre più sofisticati, al punto da riconoscere quando il guidatore si stanca ed inizia a distrarsi, ed a profilare l’autista per poi offrirgli altri servizi mirati su di lui, o lei.

Ancora oggi le auto tradizionali sono composte da 15.000 componenti, molte delle quali specifiche per far girare questo o quel software proprietario. Questo modello di progettazione veicolo sta scomparendo alla svelta, grazie alle auto elettriche ed alla discesa in campo dei big del digitale. Oggi Amazon propone una piattaforma IoT che sta a bordo veicolo, che funziona a microservizi, con cui andare a comandare anche acceleratore, freno e servosterzo. Anche Samsung fa lo stesso, e non parliamo delle aziende cinesi esperte nel controllo delle batterie.

Forse le prossime generazioni di automobili non saranno più prodotte dalle aziende automobilistiche tradizionali, o solo quelle che saranno riuscite a cambiare il modello di progettazione di un prodotto che è sempre più intelligente e connesso. Tesla ha avuto enormi difficoltà ad imparare a produrre auto, rischiando più volte il fallimento. Così facendo ha aperto la strada alle multinazionali di elettronica e digitale, che ora entrano nel mercato con mire di conquista. Ne vedremo delle belle.


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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Alessandro Cesare Frontoni (Piacenza): 20something years-old, aspirante poeta, in fuga da una realtà troppo spesso pop
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro