IL Digitale


Social media tra sicurezza ed echo-chamber

In questa rubrica abbiamo spesso parlato di privacy, e dell’importanza di usare social media diversi per i diversi ruoli che ricopriamo. I più usano LinkedIN per motivi professionali, seguire colleghi e quanto dicono gli esperti del loro settore; Facebook funziona bene per stare in contatto con amici e condividere foto, ricordi, ricette. In entrambe i casi è possibile un vago controllo delle persone con cui si entra in contatto, e la gente si sente abbastanza a proprio agio parlando in prima persona.

Twitter è un caso a parte: piazza pubblica dove si discute animatamente, patisce l’ingresso a gamba tesa dei media mainstream, dei servizi segreti di molti stati, e specialmente l’idea idiota di dover controllare e quindi censurare contenuto ritenuto pericoloso. Guarda caso la censura resta nelle mani dei padroni di Twitter ed in quella dell’amministrazione americana, per cui è immediato capire quale contenuto viene messo in risalto e quale oscurato. Ho già scritto del tentativo di Musk di prender le redini di questa piattaforma e ridurre la censura, qui di seguito un’opinione diversa dalla mia e con molti spunti di riflessione.

Allora, se uno veramente crede nell’importanza della libertà d’espressione ma su Twitter si sente in pericolo, dov’è meglio andare per esprimersi liberamente? Pavel Durov crea Telegram nel 2013 in Russia, per dare modo di discutere senza troppa paura della censura di Putin, e con 500 milioni di utenti ed una valutazione di $30 miliardi, abbiamo una piattaforma robusta. La uso dal tempo su argomento specifico, ed ha fatto un buon lavoro per stare al passo con lo sviluppo tecnologico.

Di piattaforme che si vantano di non censurare il contenuto ce ne sono molte (qui) ma occorre un minimo di indagine prima di pubblicare le proprie idee lì sopra. Molti stati, cominciando da USA e Cina, hanno legislazione che con la scusa della protezione della sicurezza e degli interessi nazionali consente di accedere a queste applicazioni e vedere davvero chi c’è, dov’è, cosa scrive, e la sua rete. Quindi se sei in America ed usi il cinese WeChat non ti devi preoccupare della censura di Pechino, al contrario se server ed applicazione sono nel paese di residenza, occorre attenzione.

Poi ci sono le multinazionali che posseggono e controllano nel dettaglio alcune di queste: pensate a Microsoft che controlla LinkedIN e Skype in tutto il mondo, e può certamente monitorare il contenuto e riportarlo alle autorità americane, o censurarlo. Per l’incrocio di queste considerazioni è meglio avere più profili, non necessariamente tutti anonimi, e ricordarsi di sorprendere i robot che ascoltano le nostre conversazioni. Quando hanno difficoltà a classificarci, abbiamo un grado di protezione in più.

Prima di mollare Twitter però, occorre pensare che nei canali più sicuri e privati ci si ritrova tra gente che la pensa allo stesso modo, le echo-chamber, camere d’eco in cui si finisce per estremizzare il proprio punto di vista perché non sentiamo più chi ha opinioni diverse, spesso con dati e fatti a supporto. Il punto fondamentale della libertà d’espressione è proprio ascoltare chi non ci piace e la vede diversamente da noi: se ci isoliamo in una camera d’eco in effetti censuriamo il prossimo, per quanto ci possa stare antipatico. Meglio tenere vivo il dialogo.


© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro