Con shared economy intendiamo la possibilita’ che ci da internet di condividere il possesso di diversi beni senza doverne necessariamente essere proprietari. Molte piattaforme digitali consentono di evitare l’intermediazione e quindi danno maggiore efficienza negli scambi e nell’uso dei prodotti. Esempi includono la possibilita’ di prestiti finanziari tra privati, il crowdfunding, l’utilizzo di case (Airbnb), auto (Uber) e tutta una serie di prodotti durevoli. Con $49 e’ possibile avere un vestito “nuovo” ogni mese, e volendo esagerare con $199 te ne danno dieci: tutti usati, puliti, stirati. Cosa vuoi di piu’ dalla vita? Armadi sgombri, nessuno stress, vestiti sempre alla moda.
La crescita delle vendite di aziende come Airbnb o Uber dimostra che i consumatori si stanno abituando ed apprezzano un servizio reso dal proprietario del bene rispetto a quanto possa esser fatto da un intermediario. E’ indubbio che ci si trova meglio in una casa in affitto quando curata e manutenuta dal padrone di casa, invece che da un albergo. Allo stesso modo la qualita’ del servizio e la cortesia dei guidatori Uber o Lyft e’ normalmente migliore di quella dei tassisti dipendenti poco inclini al customer service.
La shared economy inoltre fa bene all’ambiente: meno vestiti, meno auto, meno tutto quanto sia un prodotto fisico durevole significa meno discariche, meno inceneritori, meno inquinamento. Associata all’efficienza della smaterializzazione del digitale, questi aspetti dell’economia 4.0 consentono una nota d’ottimismo anche a Greta, ed e’ tutto dire.
Con gig economy intendiamo la condivisione di lavoratori, e ci facciamo fregare dalla traduzione di gig che sta per “lavoretto”. Per uno studente, o chiunque abbia un lavoro a tempo pieno, portare clienti in giro con la propria auto e’ un lavoretto che aiuta i risparmi, ed ottimizza l’uso della macchina che altrimenti starebbe ferma. Anche in questo caso abbiamo un impatto positivo sull’ambiente perche’ a parita’ di persone da trasportare diminuisce il traffico, quasi del 10% in citta’ come Boston.
Il problema in questo caso e’ che le piattaforme portano ad estendere il concetto di lavoretto in lavoro a tempo pieno, ma con tariffette da lavoretti. Il tassista che aveva investito in licenza ed automobile, e faceva questo lavoro a tempo pieno, ora si trova in gara con chi puo’ guidare solo qualche ora al giorno. Non gli resta che abbassare i prezzi per arrivare a fine mese. Ed i prezzi sono scesi assai anche per autonologeggi, alberghi ed altre aziende impattate dalla shared e gig economy. Ma dietro alle aziende ci sono lavoratori i cui stipendi vengono tagliati ed i contratti resi precari.
Ancora una volta la speranza risiede nella legislazione, per bilanciare l’efficientamento dei servizi con la tutela della popolazione. Il trittico dei principi di valutazione resta lo stesso di sempre anche nell’Economia 4.0: legge, logica, morale.