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Per chi suona la campana?

A pochi giorni dalle elezioni di midterm, che determinano se Democratici o Repubblicani avranno la maggioranza in Senato e Camera dei Rappresentati, la tensione è massima. Come dice Hemingway nel suo romanzo del 1940, dobbiamo riflettere sulla morte della guerra, di fratelli che cercano di uccidersi. Per chi suona la campana?

A meno di sorprese dell’ultimo minuto, l’8 novembre Putin sarà ancora al comando, feroce nella sua distruzione di tutto quanto riesca a colpire in Ucraina, senza remore per i suoi soldati che manda al macello con fredda noncuranza. Sta facendo quello che ci aveva promesso poco prima dell’invasione di febbraio: “a quelli che ci vogliono ostacolare, o creare pericoli per il nostro paese ed il nostro popolo, state attenti: la risposta russa sarà istantanea e porterà il tipo di conseguenze che non avete mai visto nella storia”.

Se lui è ancora al suo posto, a distruggere il paese fratello, significa che tutti i miliardi e le armi spediti da USA e NATO, tutti gli aiuti dati, hanno solo aumentato la ferocia e la distruzione dell’Ucraina. Chi l’avrebbe mai pensato? Non è nemmeno una questione di attacco nucleare: ora possiamo star certi che l’Ucraina sarà un paese rovinato per molti anni, e la frattura tra Nato e Russia non sarà sanabile a breve. Per i Competenti che ci prendevano in giro con la scelta tra pace e condizionatori, e che ci hanno cacciato in questa situazione, Dante predispone un girone speciale, peggio degli ignavi.

Biden sperava in una vittoria militare, ancora possibile, ma non in tempo. Pochi giorni fa un gruppo di parlamentari Dem con sale in zucca ha provato a giocare d’anticipo, chiedendo al Presidente di continuare il supporto ai fratelli ucraini, ma cercare in tutti i modi di mettersi al tavolo negoziale, trovare una quadra quanto prima e smetterla di spedire tutti questi dollari in un pozzo senza fondo. L’establishment ha reagito malissimo: putinisti, traditori! In conclusione, Biden non avrà un grosso aiuto dalla sua politica estera: ha distrutto i legami di Germania ed Europa con Russia e Cina, con grandi vantaggi per le nostre esportazioni di gas e la bilancia commerciale, ma Vladimir Putin non molla, nelle migliori delle valutazioni è un pareggio.

Le votazioni si giocheranno sull’economia, dove la battaglia non è sanguinaria, ma altrettanto intensa. Le iniziative di supporto alla crescita hanno avuto successo: ancora 265.000 posti di lavoro aggiunti nel terzo trimestre, di cui 67.500 nelle fabbriche, dove gli stipendi son molto migliori che nella distribuzione o nella gig economy. Il blocco all’esportazione in Cina delle tecnologie digitali più sofisticate aumenta la richiesta di aprire nuove fabbriche; quindi, posti di lavoro stabili e ben pagati. Mentre i FAANG soffrono in borsa, con Facebook asfaltata (finalmente) per lo scempio di spreco nel metaverso, altri settori tirano come una coppia di buoi. Speriamo che la Fed smetta di aumentare i tassi, in modo da riprendere con gli investimenti produttivi.

Purtroppo, ci sono aspetti dell’economia in forte sofferenza. Noi americani abbiamo finito tutti i risparmi accumulati durante il Covid, grazie alle campagne di supporto di Trump prima e Biden poi. Inflazione, discesa del mercato immobiliare, calo della borsa e dei fondi pensionistici hanno bruciato il fieno in cascina. Questo sta deprimendo i consumi, e pure Amazon s’è dovuta arrendere all’evidenza: in ritardo rispetto all’Europa, ma anche qui cominciamo a tirare la cinghia. Ancora lontani dal Regno Unito, dove il 40% delle famiglie vive con tre sterline a settimana, abbiamo comunque sacche di povertà sempre più importanti. Inoltre, i poveri, come il personale medico, sono morti il doppio rispetto al resto della popolazione colpita dal Covid, e con la stessa percentuale soffrono degli strascichi che spesso impediscono di tornare al lavoro, in un circuito vizioso che li impoverisce maggiormente e li isola dal resto della società.

Vediamo cosa succede l’8 novembre. Con un miracolo i Dem tengono Camera e Senato: per questo obiettivo Biden ha promesso legge sull’aborto, sul porto d’armi ed anche la fata turchina, è pronto a tutto pur di continuare a governare.

Più probabile che perda uno o entrambe le aule del Congresso: finche’ perde il Senato il danno è gestibile, perché si limita all’ostracismo sulle proposte di legge di Camera e Presidente, ma nel caso contrario il Presidente si troverebbe sommerso di azioni in tribunale e proposte di legge per disfare quanto ha fatto, un macigno per le sue possibilità di far rieleggere un democratico come Presidente.

Se poi perde tutto il Congresso, allora la campana suona per lui.


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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro