Sono tutte obiezioni giuste che introducono a un secondo passo logico, altrettanto antico: la conoscenza per fede. Quando non so, sto zitto, si diceva difendendo la possibilità di sospendere il giudizio come atto di realismo e libertà. Dopodiché, visto che mi trovo di fronte a cose non posso sapere, invece di ragionare a partire da ciò che non so (“visto che non ne so niente, ci sarà di sicuro un complotto e adesso te lo spiego”) – che è sempre un errore di ragionamento (tecnicamente una fallacia ad ignorantiam) – l’unico modo per ragionare bene è fidarmi di qualcuno. Quasi tutto noi apprendiamo per conoscenza indiretta o fede: la lingua madre da piccoli e quelle straniere da grandi, i risultati della scienza, le notizie della giornata. Infatti, da infanti non possiamo sapere che cosa significano le parole ma dobbiamo credere a chi le insegna; delle grandi scoperte scientifiche spesso non abbiamo direttamente alcuna prova sperimentale neanche quando sapessimo ripercorrerla; di che cosa accade in un’altra città, per non parlare di un altro continente, non avremmo la minima idea senza fidarci di qualcuno. Se la conoscenza fosse solo quella diretta, fatta in prima persona, dovremmo dire che ignoriamo la maggior parte delle informazioni, anche quelle che sappiamo e che usiamo. Eppure, le usiamo con successo e ciò che costruiamo su di esse funziona.
Il problema è sempre logico. Dopo aver sospeso il giudizio, se non posso verificare direttamente, devo cercare qualcuno che – come diceva l’antica Scolastica – sappia quel che dice e non mi voglia ingannare. Posso sapere se il giornalista del giornalone o lo scienziato intervistato sa ciò che dice e non mi vuole ingannare? È molto difficile. Più facile era fidarsi dei genitori o degli insegnanti, perché la conoscenza diretta e personale mi faceva dare un giudizio adeguato su di loro. È questo genere di esperto, quello che conosco personalmente e che giudico come essere umano, che devo cercare.
Così il criterio della conoscenza per fede alleggerirebbe, per esempio, la famigerata diatriba vax-novax dove l’errore sta nell’usare da entrambi i lati un criterio logico sbagliato. I novax che non sanno di vaccini, invece di argomentare su ciò che non sanno, dovrebbero cercare un medico che conoscono personalmente (non sui social), che abbiano giudicato che sappia quel che dice e non li voglia ingannare, e poi fidarsi anche quando non piace quel che dice. I propagandisti vax dovrebbero smetterla di rimproverare altri di non credere a priori a quanto dicono esperti che gli altri non conoscono personalmente, chiedendo un atto fideistico invece che di ragione.
Così si completa una logica elementare: quando non so, sospendo il giudizio e sto zitto, e poi domando a chi sa ciò che dice e non mi vuole ingannare. L’alternativa è rimanere eternamente dentro il poco che si sa e il molto di cui ci si vuole a tutti i costi illudere o spaventare.