Mentre gli americani e il boogie arrivano in Europa, Piet Mondrian la lascia per New York. L’artista olandese, da sempre innamorato della musica e del ballo (e già autore di due tele intitolate fox-trot) approda nella Grande Mela nel 1940 e lì si lascia avvolgere dal jazz e dal boogie.
Frequenta i locali di Broadway, si ritrova con Charlie Parker, Gillespie, Monk. È in quell’atmosfera che nasce "Broadway boogie-woogie" (1942-43), la sua interpretazione pittorica della vitalità frenetica della Città. Sulla tela il ritmo è tradotto in colori: nei luccicanti rettangoli rossi, blu e gialli, in molti han visto le luci della notte che pulsano ritmicamente (come suoni) sulle linee rette (le strade newyorchesi).
L’idea artistica che coinvolge la musica permane nel pittore che lascia questo mondo - muore nel 1944 - regalandoci “Victory Boogie Woogie” (1942-44), opera incompiuta considerata il boogie della vittoria e alla quale l’artista lavora proprio mentre ci si avvia alla fine del conflitto mondiale.
Il quadro non ultimato è realizzato con tecnica mista, pittura e collage. Il formato è un rombo e a voler scorgervi un ritmo lo si intuisce sincopato. Manca il nero, i colori danzano la vita.
Quest’anno, in occasione del 150° anniversario della nascita dell’artista si è molto riparlato di tutta la sua opera compresi questi due iconici “pezzi musicali” con i quali il Maestro ci ha lasciato.
“Broadway boogie-woogie” è esposto al MoMA di New York; è visibile nel video in cui ne parla il pianista Jason Moran che poi “legge” il capolavoro di Mondrian come fosse uno spartito, interpretandolo al pianoforte.