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Vincitori e Vinti, dopo due mesi

Ad inizio invasione raccontavo della situazione di stallo del conflitto ucraino e di chi avrebbe vinto, e perso. A meno di missili nucleari, questi tre mesi sono andati come volevano Nuland e Biden, i vincitori assoluti: l’Europa è pienamente sotto il controllo americano, le promesse elettorali del Presidente sono passate in cavalleria, la Cina sta perdendo colpi. 

I miliardi stanziati per aiutare i fratelli ucraini sono passati da due a 40, ma quei dollari restano nelle tasche delle lobby americane degli armamenti e del petrolio, mentre l’Europa paga salato per sei milioni di rifugiati, prezzi delle materie prime alle stelle, e fughe dei capitali verso l’America con forte indebolimento dell’euro.

Per capire la questione di vincitori e vinti torniamo al 2014, quando i Russi pubblicano la schietta opinione di Nuland sull’Unione Europea (qui), una conversazione che dimostra come già allora l’amministrazione USA tirasse tutte le fila della politica ucraina, mentre l’unione europea si faceva fregare. In questi tre mesi di guerra i leader europei non hanno provato ribaltare la narrativa: la Germania s’è adeguata a spedire armi e rinunciare alle forniture russe, le principali multinazionali EU hanno chiuso o stanno per chiudere le loro attività in Russia. Incompetenti o complici? Ai posteri l’ardua sentenza.

I paesi che hanno mantenuto un atteggiamento più distaccato sul conflitto, e navigato tra i due contendenti senza dar troppo fastidio all’uno ed all’altro, sono secondi nella lista dei vincitori. Brasile, India, Israele, Turchia ed altri, dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, han comprato petrolio russo a sconti da favola ed incrementato i loro export in tutte le direzioni. Mentre in Italia l’economia arranca e l’inflazione colpisce duro, in India l’economia cresce al 8% annuo, con l’export su del 88%.

Ci stiamo avvicinando alla fine dell’invasione: Putin non ha voluto dichiarare guerra con conseguente mobilitazione generale, e non può competere con la quantità di armamenti che i paesi NATO continuano a mandare in un Ucraina sempre più devastata, ring insanguinato che ha il pregio di contenere il conflitto. I reduci dall’Ucraina si rifiutano di tornarci, e trattandosi di una “missione speciale” vengono semplicemente espulsi dall’esercito: a loro va benissimo. Pagare mercenari per continuare a perder soldi non conviene. Piuttosto, per Putin meglio un’uscita da mezzo perdente e mezzo vincitore: non ha ottenuto quanto sperava, ha perso decine di migliaia di ragazzi di cui evidentemente gli interessava poco, ma ha rovinato l’Ucraina ed ha bastonato l’economia mondiale. Pensare che sia lui a scucire i mille miliardi necessari per riparare i danni e riprendere i rifugiati, è improbabile, visto che la Russia non ha questi fondi. Come fare?

Dopo il ritiro dell’invasore partirà un Piano Marshall 4.0, chiamiamolo Piano Bidet in onore dei correttori di bozza e del vero obiettivo: fare altro debito in dollari per ricostruire un Europa bastonata, inutilmente, a causa del disegno strategico che conosciamo da dieci anni e per cui non abbiamo fatto nulla per opporci. La speranza è che Putin non dia di testa e si ritiri il prima possibile: prima inizia la ricostruzione, meglio è per tutti. In America le lobby della difesa e dell’energia sentitamente ringraziano: hanno il portafoglio ordini pieno per i prossimi anni.


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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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