Lo scenario di riferimento per me è uno solo, è distopico, lo scrissi tempo fa, lo trovate nel mio Libroincipit (si legge in 30 minuti) La Terza Guerra Mondiale di Gordon Comstock.
Disegnare uno scenario è un atto di pura declinazione logica. Il “trucco” sta nel tipo di assumption che fai. Ad esempio, se nel caso della Guerra Ucraina, come assumption prendi a riferimento la data di inizio 2022, significa che hai deciso di posizionarti nello scenario “A”, se prendi invece il 2014 possono venir fuori gli scenari “B” o “C”. Curiosa la traiettoria di due accademici, sconosciuti fino a ieri, e oggi celebri. Li ho scoperto in TV. Uno si è identificato con lo scenario “A”, l’altro con il “C”. Entrambi sono bravi a bucare lo schermo, in corso d’opera il loro look sta mutando, via via che diventano sempre più personaggi, e sempre meno accademici. Come tali ricevono, in diretta, o complimenti sperticati o volgari insulti dalle rispettive tifoserie.
Vedendoli, percepisci che sono senza dubbio molto colti, markettari il giusto, con un’esuberante carica di supponenza, che le rispettive platee pretendono. Qualcosa però in loro non mi convinceva, ora finalmente riesco a inquadrarli meglio: appartengono entrambi allo zoo (in forte crescita) di quelli che chiamo affettuosamente “malati di certezze”, nella versione “noi abbiamo sempre ragione”. Essendo questa una malattia ereditaria incurabile, ma facilmente trasmissibile, io ci sto lontano. Oltretutto, non siamo neppure colleghi, io non sono un accademico, loro non sono scenaristi distopici, professione non richiesta dal mercato. Infatti i committenti vogliono scenari atti a proteggere i loro interessi di marketing politico, economico, culturale, null’altro.
Come scenarista distopico in realtà ho elaborato pure lo scenario “X”, l’unico per me che abbia un minimo di credibilità. Trovo ridicolo scannarsi sugli scenari “A”, “B”, “C”, condizionati come sono dal delirio dei due contendenti sul campo, otre tutto politicamente morti. Trovo inutile agitarsi, tanto la soluzione finale la troveranno America e Cina, quando un compromesso fra loro sarà coerente con i rispettivi interessi del momento.
Culturalmente, trovo molto più interessante uno scenario che ho appena elaborato in bozza: “Globalizzazione & Multiclub”. Secondo me, e l’ho anticipato in molti Camei, e nella seconda parte di Una Storia Operaia 1934-2022, la politica euroamericana “Sanzioni-Swift” sta modificando in modo radicale (e inatteso) il ruolo politico, economico, culturale dell’Occidente. Addiritura temo che potrebbe trasformare la spada Dollaro in una sciaboletta. Ma ormai è fatta, i due genietti sono usciti dal Tabernacolo, non ci torneranno mai più. Vivremo in un mondo in perenne turbolenza. Purtroppo, non abbiamo nessun’altra alternativa che aggrapparci alla cloche, e ballare, ballare, ballare, piuttosto che schiantarci al suolo.
La globalizzazione selvaggia che fu, nel mio scenario si dividerà almeno in due, con modalità tecniche dai nomi affascinanti: reshoring, reglobalisation, friendshoring, slowglobalisation. Per i miei nipoti ho così sintetizzato il futuro: “Quando in cielo c’è molta confusione, in terra c’è molta tristezza. Non fatevi condizionare, su con la vita, qualcosa succederà, non è detto che sia peggio dell’oggi”.
Sarà sempre più evidente che la mossa “Sanzioni-Swift”, dall’evidente connotato colonialista, ha terrorizzato molti Paesi, facendoli riflettere sul ruolo di un Occidente di nuovo, appunto, “colonialista”. Così si è palesata l’alternativa di entrare in un altro Club (Cina?) a seconda dei propri interessi politici e commerciali. Sull’onda di questa presunta minaccia colonialistica dell’Occidente, in pochi mesi la Cina ha coniugato molti aspetti finanziari e digitali, così già oggi 57 Paesi accettano i pagamenti dell’interscambio, non più in dollari ma in yuan.
Un nuovo posizionamento politico, economico, culturale è alle porte. Noi della stampa siamo attrezzati per raccontarlo? Prosit!