Davos, a parole, è nato con scopi alti e nobili, poi ha assunto la sua vera postura, una passerella di “Woke bolliti” (politici, finanzieri, economisti, supermanager, regolatori, intellò) che discutono argomenti seri come fossero al bar dell’oratorio.
Dibattono su Report di consulenti strapagati, su divertenti copia-incolla assemblati, come quel piatto-fuffa che nelle pizzerie chiamano “insalatona” (8 €), nei ristoranti tristellati “insalata 51” (60 € per 51 foglioline, germogli appena nati, cereali invecchiati), assemblati come fanno in Oriente con le sculture vegetali.
In contrapposizione al WEF, è nato lo speculare WSF (“social” in luogo di “economic”). Un cine-panettone l’uno, un presunto film d’essais l’altro.
L’ong inglese Oxfam (WSF?), con perfetto tempismo, ha pubblicato due dati che per anni forniranno sintesi magiche per i talk show. Eccoli: 1. Circa 60 milioni di ricchi hanno accumulato un patrimonio pari a quelli del 99% della popolazione mondiale (circa 7,5 miliardi); 2. I più ricchi dei ricchi, appena 62 individui, posseggono ricchezze pari a quelli del 50% della popolazione mondiale, cioè 3,5 miliardi di persone.
Questi woke dalle “ricchezze usuranti” sono figli del modello liberista? Certo, che piaccia o meno a tutt’oggi è il migliore su piazza, rispetto a quello statalista-comunista che dopo 70 anni di applicazione si afflosciò in modo indegno. Il tema non è il patrimonio dei ricchi, sacrosanto, ma sono le modalità con le quali viene costruito.
Un esempio che conosco perché ho lavorato per lui, come consulente, Michele Ferrero (32° in classifica, con 23,4 mld). Un genio assoluto, mai conosciuto uno che fosse l’execution fatta persona. Un grandissimo innovatore di prodotti e al contempo un grandissimo uomo di marketing: due funzioni incompatibili nella stessa persona. Lui sì che ha costruito un immenso patrimonio, lo ha fatto euro su euro, rispettando le leggi, senza nessun aiuto dallo Stato, nessun rapporto con le Banche d’affari, con la Borsa, con la Politica, sempre al servizio dei clienti, rispettoso dei diritti del territorio albese e dei lavoratori (mai un’ora di Cassa, mai un licenziamento). Paternalista? Certo, paternalista, ma con i suoi quattrini. Un ricco che ha strameritato di essere ricco.
Esempio opposto. Alla morte di Steve Jobs (la vedova Jobs è 45°, con 19,5 mld), il New York Times (sic!) si chiedeva in modo pleonastico “Se Steve fosse vivo sarebbe in galera?” Certamente sì, lo dicono le carte. Che Jobs fosse un genio assoluto nessun dubbio, però ha finto per tutta la vita che il primo paragrafo del Sherman Antitrust Act non esistesse, si dice abbia compiuto una lunga serie di reati, uno per tutti, lo dice il NYT, le “opzioni retrodatate”. Sapendolo molto malato, i magistrati hanno tirato per le lunghe le indagini in modo che morisse da uomo libero e non da criminale? Così tutti i suoi colleghi della Silicon Valley, di Wall Street, etc., appena gratti un pò, i mitici CEO appaiono essere ciò che sono: Oligarchi. Ricchi che non hanno il diritto morale di essere ricchi.
Un Cameo ultra ottimista questo del 2016? Dopo appena sei anni, dopo una gestione sciagurata della Pandemia e della Guerra Ucraina, il CEO capitalism a gestione occidentale ha portato l’Occidente a perdere la leadership del Mondo, facendolo precipitare nel multipolarismo.
Presto agli Stati Uniti si aggiungeranno Cina, Russia, India, ognuno con il loro Swift e la loro moneta di riferimento, i loro accordi capestro, il loro articolo 5, soprattutto con un nuovo paradigma che metterà l’Occidente al posto che le spetta. Sarà la fine del nostro velleitario stile di vita simil Davos? Auguriamocelo. Prosit!