Il “Gioco del Mondo” è geniale nella sua apparente semplicità. Le domande si sviluppano attraverso il lancio del dado da parte dell’intervistato. Le caselle alle quali il dado ti porta sono varie. Cito le più stimolanti: “Il viale del tramonto”, “L’amore”, “Lo specchio”, “Il vicolo cieco”.
A questo punto tu devi parlare, ragionare, essere sintetico. Non ti puoi preparare, devi “rileggerti” in diretta, sapendo che la menzogna viene immediatamente scoperta dai telespettatori, in primis dal conduttore, o attraverso parole o concetti che nella narrazione ti sfuggono, o attraverso il tuo linguaggio del corpo, spesso ingovernabile.
Le caselle rappresentano le stazioni della vita (dalle amicizie ai sogni, dagli amori ai vicoli ciechi), tra le quali l’intervistato si muove creando, spesso subendo, un percorso sconosciuto, perché il dado, a volte, ti trascina là dove tu non vorresti andare.
Qua non si vince e non si perde, ma l’abilità dell’intervistatore (Damiano Realini è bravissimo) ti porta a non mentire, a non edulcorare certi passaggi della tua vita che potresti aver nascosto, anche a te stesso.
Confesso che pensavo fosse più facile, visto che nella vita ho fatto tanti mestieri e ho dato tante interviste, invece no, l’intervistatore e il meccanismo mi hanno obbligato a raccontare, per esempio, un mio segreto: come avvalersi della rischiosa “contro-intuizione”. Un segreto che trattenevo nelle parti più recondite del mio inconscio.
In questi giorni, le leadership del mondo sono molto impegnate a trovare una soluzione a un problema, l’Ucraina, che si trascina dal 2014. Se li avessimo al “Gioco del Mondo” li costringeremmo a smettere di mentire, a gettare la vecchia maschera. Perché verità e menzogna sono spesso due maschere intercambiabili, indossate in funzione dei propri interessi, personali o della setta di appartenenza.