In questi versi c’è anche la penna di un giovane Massimo d’Azeglio: sembra uno scherzo e in effetti lo è, un vero scherzo musicale ideato da un quartetto speciale.
Siamo nella Roma del 1821, è carnevale e per divertimento quattro amici han l’idea di portare un po’ di musica in strada, fingersi bisognosi e chiedere l’elemosina cantando.
Il giovane gruppetto è composto da Gioachino Rossini, Niccolò Paganini, Massimo d’Azeglio e la cantante Caterina Lipparini. I musicisti si trovano a Roma per un’opera di Rossini (con Paganini nell’insolito ruolo di direttore d’orchestra) mentre il ventitreenne d’Azeglio a Roma studia, anche pittura e musica, frequenta parecchi artisti e i salotti intellettuali romani.
In quegli ambienti i quattro si incontrano spesso e nasce l’idea dello scherzo di carnevale in musica. Insieme scrivono un breve testo, o meglio, come ricorda d’Azeglio nelle sue memorie: «Si misero insieme quattro versacci…» dopo di che Rossini li musica e impone agli amici parecchie prove prima di “andare in scena” il giovedì grasso. Proviamo a immaginarli, gli illustri personaggi in vena di goliardate giovanili nelle vie di Roma. Immaginiamoli in via del Corso - che deve il suo nome proprio al carnevale, poiché la strada tracciava il corso di sfilate e corse del periodo carnevalesco - dove i quattro si sono presentati mascherati e cantando, Paganini e Rossini vestiti da donna e con le chitarre in mano ad accompagnare le strofe.
Per i due compositori del gruppo quello non ė stato l’unico approccio con il divertimento in musica anzi, Rossini lo conosciamo come autore per eccellenza di opere buffe - e il Barbiere di Siviglia era stato commissionato per il carnevale del 1816 - mentre Paganini nel 1829 scriverà le variazioni per violino e pianoforte dal titolo Carnevale di Venezia.
Quel breve brano per quattro voci però è davvero particolare perché ha dalla sua la spontaneità dell’idea, la stesura delle strofe a più mani e la prima esecuzione fatta per burla. I versi scherzosi e soprattutto le note di Rossini han creato un divertissement (che il Maestro ha voluto intitolare Carnevale di Venezia) da allora sempre eseguito, in più versioni.
A divertirsi prima di tutto erano stati gli autori e infatti d’Azeglio dell’esperienza scrive: «Non fo per dire, ma si fece furore: prima in due o tre case dove s'andò a cantare, e poi al Corso, poi la notte al festino».
Uno scherzo ben riuscito insomma, che ancora fa sorridere esecutori e pubblico (https://youtu.be/p-50P1puc5E)