LA Caverna


Natale, un varco d’azzurro sull’orizzonte grigio del nostro quotidiano

La festa cristiana più di rilievo è ormai profanata dalle ingannevoli costellazioni luminarie che impazzano per le strade della città. I forzati dello shopping, ammaliati dalla gran kermesse pubblicitaria, bramano e spendono. Molti, per una istruzione di base o per assonanza culturale, hanno in memoria una vaga conoscenza religiosa che, però, non mobilita la coscienza e non stimola una convinta partecipazione spirituale. 

L’evento inedito e sorprendente del Verbo incarnato è stato rimosso o trasformato in avvenimento pagano. Il bambino Gesù nei presepi di famiglia, quando ci sono, è solo un muto balocco di gesso, nell’enorme cumulo di oggetti che gli inventori della distorsione sono riusciti a mettere sul mercato. Dopo l'uomo della grecità, l'uomo della cristianità, l'uomo della modernità, tiene ora il campo il quarto uomo, l'uomo del consumo (Gianfranco Morra). L'uomo «nuovo» è senza Dio, non ha interessi religiosi vitali, anche se può essere incuriosito e stimolato dalle festività cristiane, un nomade che gira il mondo e viene a contatto con altre culture, credenze e movimenti spirituali esoterici. Il “quarto uomo” pensa, reagisce e si comporta in maniera radicalmente diversa dal passato. La sua coscienza non sopporta né confini, né frontiere, sbriciolando le grandi verità in tante piccole opinioni.

Il Natale, in questo contesto, non può non avere in sé la caratteristica ambivalente e subdola di un avvenimento fuorviante. Anche le immagini prese dal racconto dell’evangelista Luca possono lasciare un’impressione di luminosità, di letizia, di festa: una grande luce compare sulla terra, si ode il cantico di pace di una moltitudine di angeli, i pastori vanno ad adorare il bambino che è nato e incontrano Maria e Giuseppe che contemplano il loro primogenito (Lc 2,9 - 16). Tutto questo è vero ma è importante anche ricordare il contesto oscuro in cui tutto ciò avviene: un viaggio faticoso da Nazareth a Gerusalemme per soddisfare la vanità di un imperatore, le pesanti ripulse ricevute da Giuseppe che cerca un posto dove possa nascere il bambino, il freddo della notte, il disinteresse con cui il mondo accoglie il figlio di Dio che nasce e, su tutto questo, la pesante cappa di grigiore, di incredulità, di superficialità e di scetticismo, evidenziata nelle gravissime ingiustizie presenti anche allora nel mondo. Il contesto del primo Natale più che di luce e di pace è un contesto di oscurità e di dolore. Anche il nostro contesto storico è un tempo di ostilità, di tensioni e di ingiustizia diffusa. Nella storia umana è difficile trovare una condizione veramente favorevole all’uomo e alla sua dignità. L’esistenza resta, pur sempre, anche un mistero di assurdità e di irrazionalità.

L’annuncio che “Oggi ci è nato un Bambino” può aprirci un varco d’azzurro sull’orizzonte grigio del nostro quotidiano. Gesù viene sempre. È la legge dell’Amore inarrestabile che viene non solo per quella parte di umanità semplice e generosa che ha il cuore libero per accoglierLo, ma viene anche nelle case ostruite e spiritualmente squallide; viene a portare la luce ai cuori spenti, la parola sulle labbra mute che non sanno più cosa raccontare, la pace dentro le penose lacerazioni della convivenza, la consolazione e la salvezza all’intera famiglia umana, un disperso e smarrito gregge, ricercato dal proprio Signore. Stiamo vivendo anni bui, difficili, che non risparmiano nessuno. Non riusciamo a guardare al di là delle preoccupazioni quotidiane. Teniamo duro, stringiamo i denti ma, quando chiudiamo il pugno, non stringiamo niente. Per questo non è tempo di augurare “beni risolutivi”, auspicando che il Natale porti pace, salute, giustizia, concordia. Non serve, non funziona: superata l’euforia del momento ci ritroveremo nella stessa identica condizione, forse ancora più frustrati. L’“evento di Betlemme” che, per i credenti, ha cambiato la storia del mondo, permette di guardare con fiducia i momenti difficili della vita, in quanto illuminati e riscattati dalla presenza del figlio di Dio. Ogni anno la fiducia nella venuta di Colui che «tergerà ogni lacrima dai nostri occhi» rinnova la speranza.

L’attesa non è passiva ma ispira, stimola piccoli gesti di “giustizia, di riconciliazione e di pace”. Lo scambio di auguri “di contenuto alto” manifesta una decisione di impegno e la fiducia nella forza dello Spirito che guida gli sforzi umani. “Il vero Gesù” troverà un alloggio ad accoglierlo? Per il Gesù vero, non quello innocuo, ornamentale e riscaldato, ma quello che dice “beati coloro che hanno fame e sete di giustizia ...”, non c’è posto nei nostri palazzi. I credenti Lo attendono nella notte del mondo, sanno che la propria esistenza non dipende né dagli affanni per l’abbondanza, né dall’angoscia per la penuria ma dalla gioiosa speranza della Sua venuta. Auguriamoci un “buon Natale” da credenti, per rilanciare il tema della Speranza, tempo di grande progettualità. Al marinaio non va insegnato solo come si fa una nave ma instillato in cuore la nostalgia del mare spazioso ed infinito.


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In questo numero hanno scritto:

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Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
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Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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