LA Coppa


India e Cina? Motivi di una loro assenza dal calcio

Una domanda dirompente mi sorge riguardo l’ambito calcistico internazionale,  perché India e Cina non sono mai riuscite ad essere protagoniste nei grandi eventi di calcio? Come è possibile che le due superpotenze in ascesa del nostro secolo non siano riuscite (fino ad oggi almeno) a produrre buoni giocatori, nonostante contino insieme, più di un terzo della popolazione mondiale? Proviamo dunque a mettere sotto la lente qualche punto.

La Cina, fino all'arrivo di Deng Xiaoping a fine anni 70’, era estremamente povera ed arretrata, sotto il controllo della dittatura maoista, di certo poco incline ed interessata ad investire nel calcio, a differenza dell’Unione Sovietica che vedeva in esso e nello sport in generale, un modo efficace per poter mostrare al mondo la potenza e solidità del regime.

Con la modernizzazione e lo straordinario sviluppo economico, la dirigenza politica cinese comprese il potenziale del calcio, così nel quinquennio 2012-2017, promosse massicci investimenti privati sia all’estero sia in patria. Nonostante molti giocatori ed allenatori europei e sudamericani abbiano accettato i (lauti) trasferimenti, il programma è fallito; la lega cinese non ha prodotto buoni giocatori e la nazionale ha continuato ad ottenere scarsi risultati.

Investimenti sbagliati, strutture non sempre all’altezza e soprattutto la poca pazienza nel portare avanti l’ambizioso progetto (atteggiamento piuttosto strano, essendo soliti portare a termine piani di lungo periodo) sono tra le cause.

Curioso peraltro che, la decisione di porre fine agli investimenti sul calcio, sia stata del presidente Xi, lui che sognava un mondiale ospitato prima e vinto poi dalla Cina. Il sospetto è che la dirigenza abbia ritenuto il calcio un corpo estraneo alla cultura e storia cinese, e che venisse percepito come un gioco essenzialmente occidentale; non è stato dunque reputato uno strumento valido per proiettare la forza cinese all’estero.

L’India, nonostante il suo passato da colonia britannica e l’entusiasmo delle persone, ha sempre investito pochissimo sul calcio. Lo scarso interesse delle élite politiche indiane è dettato dal fatto che tutte le risorse economiche e mediatiche sono rivolte a quello che è il vero sport nazionale, ovvero il cricket, che vanta un seguito smisurato; IPL (Indian Premier League) è la migliore al mondo e ha diritti di trasmissione per circa sei miliardi di dollari, paragonabile alla Premier League inglese di calcio.

La politica indiana dunque punta a far crescere sempre più il cricket, che egemonizza così la caccia ai migliori giovani talenti, anche a costo di trascurare altri sport di seguito planetario come il calcio, il basket e numerose discipline olimpiche.

Gli scarsissimi investimenti, la quasi totale assenza di strutture adeguate, la mancanza di allenatori preparati, combinati al fattore culturale, fanno sì che il calcio non sia così importante, almeno per le classi dirigenti.

Al netto di queste considerazioni, nel futuro prossimo, a fronte di una popolazione così numerosa, unita alla passione di tanti indiani, credo tuttavia che potrà venir fuori un talento che contribuirà alla crescita del calcio indiano e portare per la prima volta l’India a partecipare ad un mondiale.

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In questo numero hanno scritto:

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Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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